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“Chi ha distrutto la sanità italiana”: lo studio che svela nomi e cognomi dietro anni di tagli e sprechi

Pubblicato il 11/08/2023 11:57 - Aggiornato il 11/08/2023 13:43

Apparentemente in conflitto costante, distanti su quasi ogni punto programmatico, destra e sinistra italiane condividono però una passione comune: quella per i tagli alla sanità. Tanti, tantissimi quelli già andati in scena in passato, sotto qualsiasi bandiera. Governi democristiani, rossi, verdi, neri e a tanti varie hanno portato a una “razionalizzazione” (così è stata definita) da record: in 10 anni (2010-2020) sono stati sottratti ai nostri ospedali 37 miliardi di euro, in nome di un presunto risparmio dai benefici ancora sconosciuti per i cittadini. Come raccontato da Paolo Russo sulle pagine della Stampa, il trend non si è affatto invertito di recente. Anzi: “Con la pandemia momentaneamente i finanziamenti sono risaliti. Ma, passata la paura del Covid, con il governo Meloni è già cominciata la discesa, che nel 2025 porterà a soli 75 miliardi le risorse disponibili al netto dell’inflazione. Nel 2006 erano 90″. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il bilancio dell’ultimo decennio, sul fronte sanità, è tutto un grandissimo segno meno: 4.800 medici in meno, 9.000 infermieri in meno, 8.000 medici di famiglia e guardie mediche in meno. E ancora, come riepilogato sempre dalla Stampa: “Meno 30.492 anche i posti letto, con 111 ospedali e 113 pronto soccorso ad aver chiuso i battenti, mentre al contrario il privato convenzionato, quello che spesso lascia al pubblico i malati più complessi e meno redditizi, ha raddoppiato, passando da 445 a 993 strutture che lavorano pagate dalle Regioni”. (Continua a leggere dopo la foto)

Ogni politico passato dal Parlamento negli ultimi anni, a parole, si è detto pronto a battersi per invertire questo pericoloso trend. Nei fatti, è sempre successo il contrario. I tagli peggiori sono stati quelli andati in scena tra il 2010 e il 2019, quando i vari Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte hanno contributio a sforbiciate da record. Il risultato? Le liste d’attesa arrivano a 12 mesi per una tac o una mammografia, l’80% delle apparecchiature è obsoleto, gli over 65 assistiti a domicilio sono meno del 3%. (Continua a leggere dopo la foto)

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Per riallinearsi alla spesa degli altri Paesi Ue, servirebbero almeno 50 miliardi di euro. Secondo Federico Spandonaro, economista sanitario dell’Università San Raffaele di Roma e presidente del Crea, “il Paese nel suo insieme non cresce, per via dell’enorme sommerso. Quindi bisognerebbe recuperare l’evasione e decidere quali settori possono dare un maggior contributo all’aumento del Pil. E uno di questi può essere a mio avviso proprio la sanità”. Parole che nemmeno il governo Meloni, però, sembra voler sentire.

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