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Povera Ue, adesso sta capendo che non conta un tubo

Pubblicato il 12/02/2025 10:11

La Commissione europea sta assistendo da spettatore alla negoziazione di un piano di pace tra Russia e Ucraina per mano della nuova Casa Bianca. «Non possiamo essere tagliati fuori perché qualsiasi accordo si sostiene solo con l’Europa», hanno fatto sapere da Bruxelles. Una dichiarazione che suona come un piagnisteo capriccioso.


L’Europa non toccherà palla com’era facilmente prevedibile. Lo scrivevamo da tempo: soltanto quando entreranno in campo i pesi massimi il tavolo di mediazione diventerà possibile. E i pesi massimi sono innanzitutto gli Stati Uniti e la Cina, la quale gioca a nascondino ma sarà indispensabile nella negoziazione. L’Unione sarà solo consultata ma nulla di più, del resto non avendo un peso politico riconosciuto sullo scenario globale la sua parola pesa quando un soffio.


Strada in discesa dunque? No. E sbagliano tutti coloro che vedono in Trump un facilitatore al servizio di Putin. Chi lo dice non è capace di leggere le cartine geografiche: l’Ucraina è il paese in Europa che più concentra minerali preziosi per le nuove industrie di elettronica. L’Ucraina infatti è il primo stato all’interno del vecchio Continente per le riserve di titanio; ha un terzo delle riserve di litio e ha il 20 % del risorse di grafite. Non solo; è al quarto posto per la disponibilità di rame, al quinto per il piombo, al sesto per lo zinco e al nono per l’argento. Infine ha importanti giacimenti di gas. Insomma fa gola.


L’agenda di Trump ha al primo posto la tesi politica “America First”, il che significa che nessun altro interesse è più importante di quello degli Stati Uniti. Solo capendo questo si possono capire le sortite territoriali della Casa Bianca quando “rivendica” la Groenlandia o il Canada (oltre al puntellamento del golfo del Messico americanizzandolo e del canale di Suez ricordandone gli sforzi economici degli States): il nuovo presidente sta spingendo sull’acceleratore per colmare il gap mostruoso con la Cina rispetto agli “ingredienti” necessari allo sviluppo industriale di pc, di smartphone, di batterie e di tecnologie energetiche. La Cina infatti controlla il 70% della capacità estrattiva globale di terre rare e il 90% della capacità di lavorazione.


Solo partendo da questi dati si può comprendere la fretta di Trump di godere direttamente o in prelazione di tali minerali: la Groenlandia per esempio è una grande risorsa da questo punto di vista. Come lo è l’Ucraina, che tra l’altro è fuori dai tetti imposti dall’Unione europea. Zelensky ne è pienamente consapevole e si è già detto disponibile a trattare con Trump pur di ottenere una nuova protezione americana verso Putin, il quale controlla o rivendica il 50 per cento delle mappe ucraine dove terre rare e gas insistono. Ecco perché dal Cremlino hanno già puntualizzato che nella mediazione si dovrà tenere conto degli “interessi russi”. I quali interessi configgono con quelli di Trump, il quale mira a beneficiare di una quota superiore della metà ancora sotto il controllo di Kiev.


E qui torna ancora una volta lo scarso peso dell’Europa che, finanche ieri, si è vista criticare dal vicepresidente Vance: “Troppe regole uccidono l’industria”. Al netto della risposta Ue sul Cern dell’intelligenza artificiale (campa cavallo), oltre alla burocrazia, la Commissione è un impiccio perché non ha un piano industriale omogeneo (basti pensare all’assenza di un piano energetico), non ha visione politica e di contro ha tanto fanatismo ideologico.

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