
“Fermiamo la burocrazia dei no”. È questo l’appello, disperato, del ministro della Difesa Guido Crosetto affidato al Messaggero. Ma cosa è successo? Basta mettere in fila alcune dichiarazioni dei membri della maggioranza per capirlo. “La cattiva burocrazia è spesso un freno allo sviluppo del Paese”, si sfoga Paolo Zangrillo, ministro a capo della Pubblica amministrazione. E ancora, Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture, il quale punta il dito contro “una burocrazia che è troppo lenta, tra autorizzazioni e ricorsi”. Infine, perfino il sempre mite Giancarlo Giorgetti, anche lui membro di spicco della Lega e titolare dell’Economia, che reduce dalla maratona notturna della legge di bilancio, viene raccontato come “sfiancato” dai continui rimpalli della Ragioneria che hanno rallentato, e talvolta addirittura riscritto, la manovra. Ecco il punto. Capi di gabinetto, dirigenti ministeriali, soprintendenti. Dirigenti pubblici che dovrebbero attuare l’indirizzo politico e che invece finiscono per contrapporne uno proprio, in uno stallo che rallenta, annacqua e finisce per rimandare i provvedimenti. (Continua a leggere dopo la foto)

Scrive molto bene Francesco Bechis su Il Messaggero: “Chi tocca il ‘partito dello Stato’ lo fa a suo rischio e pericolo. Quattro mesi nella stanza dei bottoni sono bastati al governo Meloni per realizzare che non tutti i bottoni che contano sono in quella stanza”. I “mandarini” (questo è il nome con cui si identificano in politichese queste figure) decidono, i politici spesso accettano con stanca rassegnazione. Ma non dovrebbe essere il contrario in un Paese normale? Sì, ma questa è l’ennesima conferma che un Paese normale noi non lo siamo. Un esempio? La legge di bilancio. Alla Ragioneria spetta il verdetto finale sulla quadratura dei conti. Corretto. A Palazzo Chigi l’onere di passare in rassegna un infinito file excel con l’allocazione delle risorse. Corretto. Di solito – è questo il caso – il rapporto fiduciario tra premier e ministro aiuta a oliare la macchina, allenta eventuali tensioni. Ma l’iper-autonomia di chi fa i conti al Mef è da tempo oggetto di dibattito. E di scontri. (Continua a leggere dopo la foto)

Oggi il nodo torna attuale, ad esempio, per l’attuazione del Pnrr. Il “protagonismo” della burocrazia, infatti, ha il potere di frenare i governi con una lunga, semplice e interminabile serie di veti. Un esempio? “Bastano due parole per calare un’ombra sul volto di un ministro: «Vincolo paesaggistico». È la spada di Damocle che dal ministero dei Beni Culturali pende su qualsiasi progetto in odore di alterare l’armonia di un panorama o l’integrità di un patrimonio artistico (vero o presunto)”. (Continua a leggere dopo la foto)

Conclude Bechis: “Ne sanno qualcosa i ministri dell’Ambiente che negli ultimi anni hanno invano cercato di dare una spinta alle energie rinnovabili, dall’eolico ai pannelli solari. Solo l’1% dei progetti legati al Pnrr a inizio autunno aveva superato il vaglio dei soprintendenti. Rieccola, la burocrazia dei no, la politica nelle sabbie mobili”. Ecco, la burocrazia. È lì che il governo deve subito intervenire se vuole davvero correre, altrimenti si ritroverà solo a fare una lenta corsa ad ostacoli, rallentando i suoi tempi.
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