Furono definite tasse “etiche” allorché il secondo governo Conte le introdusse nella legge di bilancio 2020, anche se poi, di rinvio in rinvio, la cosiddetta Sugar tax, relativa alle bibite edulcorate, non è mai entrata in vigore. La stessa sorte riguarda la Plastic tax, ovvero l’imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego, detti “MACSI”, la misura gemella e parimenti “etica” promossa contestualmente a quella sugli zuccheri. Pare, ora, molto probabile che anche la data del primo gennaio 2024 venga posticipata dal governo Meloni e che, per la sesta volta, si decida di non decidere. Tale, infatti, pare l’orientamento avvalorato da fonti parlamentari di maggioranza, pur se si tratta di due tasse con un gettito potenziale quantificato intorno ai 650 milioni di euro. Tuttavia, si tratta di norme che scontentano un po’ tutti, e si ineriscono nel filone green delle politiche dell’Unione europea, che le ha a più riprese caldeggiate e che comporterebbero, come sovente accade, ricadute nefaste per migliaia di aziende e attività, non solo le multinazionali ma tutto l’universo dell’indotto. (Continua a leggere dopo la foto)
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Plastic Tax e Sugar tax, cosa sono
Dato il potere edulcorante delle sostanze dolcificanti – molte delle quali, come abbiamo già scritto, risultano essere dannose o cancerogene – la sugar tax si concretizzerebbe in 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti o di 0,25 euro per chilo nel caso di quelli predisposti per l’utilizzo, previa diluizione, e interesserebbe una intera filiera: il fabbricante, il cedente, l’acquirente e l’importatore. Invece, la tassa sulla plastica ammonterebbe a 0,45 euro per ogni chilogrammo di prodotti. In merito alla Sugar tax, va ricordato che la Coca Cola, che in Italia ha fabbriche importanti, minacciò la chiusura dello stabilimento di Catania, con il conseguente licenziamento di mille lavoratori. Una reazione che non si scaglierebbe solo su Catania, ma anche su altri impianti italiani. I vertici, già nel dicembre 2019, hanno minacciato di bloccare il piano di investimenti da 49 milioni di euro e l’intero stabilimento di Marcianise, nel casertano, potrebbe essere chiuso travolgendo oltre 800 persone tra diretti e indotto. Inoltre, per recuperare sui costi delle nuove tasse, le arance non saranno più acquistate dai produttori siciliani, ma dall’estero, talché lo stesso Conte, e poi il governo Draghi e quello guidato da Giorgia Meloni, hanno sempre prorogato l’introduzione di questa norma, che il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha sempre osteggiato, dichiarando di volerla “cancellare”. Stessa posizione di Matteo Renzi e Italia Viva. Peraltro, non sfuggirà che si tratti di due imposte di complicatissima applicazione. (Continua a leggere dopo la foto)
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Chi è contrario
È soprattutto sulla tassa sugli zuccheri che si è incentrata la polemica in questi tre anni. Infatti, il Riformista riporta la denuncia dell’Assobibe, l’associazione dei produttori di bevande analcoliche: “Nel primo biennio di applicazione le vendite di bevande analcoliche in Italia subirebbero un tracollo del 15,6%. Il gettito Iva calerebbe di 275 milioni di euro e cinquemila posti di lavoro sarebbero a rischio”. È quanto emerge dallo studio commissionato a Nomisma dalla stessa Assobibe, sin da subito ferocemente sempre contraria all’introduzione della Sugar tax nel nostro Paese. Ora, vediamo le ragioni che avevano ispirato tali norme: ricordiamo che grandi quantità di plastica, inclusi rifiuti monouso e frammenti di microplastica, finiscono negli oceani, causando danni significativi agli ecosistemi marini. Anche la Sugar tax, invero, parrebbe fondata su motivi ragionevoli: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità le imposte sulle bevande zuccherate sono una delle misure più efficaci “per frenare la carie, l’obesità e il diabete di tipo 2″. È infatti risaputo che un bambino obeso è un soggetto che quasi certamente svilupperà patologie di vario genere da adulto.
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