Il Pd è di nuovo nel caos più totale. Il segretario Zingaretti è a dir poco accerchiato. Paga – secondo le voci di chi il Pd l’ha anche votato – l’immobilismo durante e dopo la crisi innescata da Renzi e paga anche il fuoco interno delle donne che non si sono viste riconosciute posti di prestigio nel nuovo esecutivo. Ma non è di certo solo la questione femminile ad agitare il partito. È soprattutto la frangia renziana che è rimasta all’interno e che ora prova a riprendersi il partito. Andrea Marcucci, capogruppo del Pd (ma vicino a Renzi) a Palazzo Madama, ha lanciato la ‘bomba’: “Zingaretti è stato eletto alle primarie dove era chiaro il quadro: noi eravamo una forza antagonista tanto alla Lega quanto ai 5 stelle. La storia recente ci ha portato prima a dare vita al governo giallo-rosso, poi all’esecutivo di unità nazionale. Il contesto è cambiato: ecco perché per noi è corretto aprire una discussione congressuale in tempi ragionevoli per confrontarci sul nuovo progetto di Pd”. (Continua a leggere dopo la foto)
Non ci vuole un genio dei retroscena politici per interpretare il messaggio: vogliono congresso e primarie per far fuori Zingaretti. Il problema, però, come analizza affaritaliani.it, è che la minoranza Dem è maggioranza solo nei gruppi parlamentari, eletti all’epoca di Matteo Renzi, ma lo statuto è dalla parte del Governatore del Lazio. E senza le sue, a questo punto improbabili, dimissioni non ci sarà un vero congresso. Come arrivare dunque all’obiettivo? Semplice, ragionano nel Pd non zingarettiano, serve una bella sconfitta elettorale. Una batosta, insomma”. (Continua a leggere dopo la foto)
E il pensiero corre subito alle prossime Amministrative di fine estate, quando le principali città italiane andranno alle urne. “Basterebbe perdere a Roma e a Milano o a Torino (visto che comunque l’alleanza Pd-5 Stelle è favorita nei primissimi sondaggi), oltre alla riconferma del Centrodestra in Calabria, e le dimissioni di Zingaretti da segretario arriverebbero quasi obtorto collo. A quel punto scatterebbe immediatamente il piano del fronte che si oppone alla leadership Dem”. (Continua a leggere dopo la foto)
Ci sono poi gli amministratori locali, in prima fila nella contestazione al segretario. Finora tutti hanno pensato a Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, come leader nazionale. Ma qualcuno, sia nella maggioranza zingarettiana sia nella minoranza, “inizia a pensare al sindaco di Firenze Dario Nardella come leader da contrapporre in caso di primarie al Pd di Zingaretti, Bettini e Orlando”.
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