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Letta si dimette? L’incredibile voce dentro il Pd: partito di nuovo in brandelli

Pubblicato il 11/05/2021 13:45

Se il Pd aspettava Enrico Letta come la manna dal cielo che avrebbe risolto tutti i problemi, beh, presto elettori e membri del partito hanno dovuto ricredersi. E così ora l’avventura di Letta da segretario rischia di finire prima del previsto. Accolto con grandi speranze, come il salvatore e colui che avrebbe messo fine alla guerra tra bande, pardon: correnti, ora si ritrova con una corrente in più, quella di Bettini, e ancora più sotto lo schiaffo, pensate un po’, del M5S. Già, perché a far infuriare gli elettori e gli stessi big del Pd non è stata solo l’ultima frase di Letta con cui annuncia entusiasta l’acquisto del libro dell’arcinemica Giorgia Meloni, ma soprattutto il modo in cui ha gestito la lotta per la conquista di Roma e delle altre grandi città chiamate al voto. (Continua a leggere dopo la foto)

Le elezioni amministrative sono infatti alle porte, e mentre nelle altre città il Pd procede a tastoni affidandosi alla Provvidenza, su Roma ha voluto impegnarsi per bene e provare a fare politica. Cosa che non gli è, evidentemente, riuscita. Negli ambienti del M5S hanno brindato, prendendo quasi in giro il successore di Zingaretti dopo che ha dovuto piegarsi al volere di Conte e Di Maio. Letta, non è un mistero, voleva proprio l’attuale presidente della Regione Lazio a concorrere per il Campidoglio, ma dai grillini è arrivato un secco no. Dunque? (Continua a leggere dopo la foto)

Letta ha dovuto quindi cedere e sostanzialmente far scegliere a loro anche il candidato del Pd: e così ecco che è stata ufficializzata la candidatura dell’ex ministro dell’economia Roberto Gualtieri, guarda caso uno molto vicino a Conte. E adesso? La tesi è semplice: se il Pd perde Roma, Letta deve dimettersi. Il dibattito interno ai Dem viene quindi congelato in attesa del responso delle urne. E il segretario è chiamato a vincere in almeno 4 sulle 5 grandi città chiamate al voto (Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli) per evitare un terremoto interno. Se perdesse Roma e Milano in un colpo solo, le dimissioni sarebbero comunque scontate. (Continua a leggere dopo la foto)

Come analizza anche affaritaliani.it, “un successo 3-2 lascerebbe l’amaro in bocca e potrebbe provocare pericolose ripercussioni per la stessa leadership del Pd. Mentre una sconfitta 3-2 o addirittura 4-1 a favore del Centrodestra porterebbe – è quanto scommetto diverse fonti Dem di correnti differenti – alle dimissioni immediate dell’ex presidente del Consiglio e alla corsa verso il congresso – vero con le primarie per l’elezione del segretario – già all’inizio del prossimo anno e comunque prima dell’elezione in Parlamento del nuovo presidente della Repubblica”.

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