Tutte le varianti del Covid-19 sarebbero state create artificialmente. Il condizionale è d’obbligo, ma la fonte è autorevole. Secondo un clamoroso studio giapponese ad opera dei ricercatori Atsush Tanaka e Takayuki Miyazawa, rispettivamente dell’Università medica e farmaceutica di Osaka e dell’Università di Kyoto, le mutazioni SARS-Cov-2 sono varianti “non sinonime”, il che significa che “nessuna di esse deriva da mutazioni casuali in natura”, si può leggere nella ricerca. Gli scienziati nipponici arrivano, dunque, a sostenere che l’intera pandemia dovrebbe essere riconsiderata, tenendo conto della “ipotesi di un esperimento ben pianificato”. Sono considerazioni gravissime, che peraltro confermano i pesanti sospetti di più d’uno, quelli che leggiamo su Il Giornale d’Italia, al momento l’unica testata che ha ripreso lo studio intitolato Processi evolutivi innaturali delle varianti SARS-CoV-2 e possibilità di selezione naturale deliberata”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Varianti Omicron “presenti già nel 2020”
Ora, a conferma del fatto che le varianti Omicron esistevano già nel 2020, non possiamo non citare alla lettera un passaggio molto tecnico dello studio di Tanaka e Miyazawa: “Per determinare l’ordine delle mutazioni che portano alla formazione delle varianti omicron di SARS-CoV-2 abbiamo confrontato le sequenze di isolati Omicron BA.1, 141 BA.1.1 e BA.2 (… ) Di conseguenza abbiamo concluso che la formazione di parte degli isolati Omicron BA.1, BA.1.1 e BA.2 non era il prodotto dell’evoluzione del genoma come si osserva normalmente in natura (…)”. Tradotto, significa che le varianti Omicron sono nate attraverso un meccanismo che la biologia attuale “non può spiegare”, rendendo più che plausibile la teoria dell’intervento umano. Ricordiamo che a tali esiti sono giunti due scienziati giapponesi, non proprio dei pericolosi complottisti No vax. E il Covid? Una presunta creazione artificiale, secondo tale teoria. Secondo Tanaka e Miyazawa, nel triennio dal 2019 al 2022 la SARS-CoV-2 sarebbe stata nuovamente accelerata da nuove varianti emerse nell’arco di diversi mesi in diverse regioni geografiche e diffusesi in tutto il mondo, “innescando ripetutamente la pandemia”. E ancora: “All’inizio della prima pandemia la mutazione più importante del SARS-CoV-2 era la mutazione non sinonimo D614G nella proteina S. Questa mutazione, che non era presente nel lignaggio progenitore che causò l’epidemia di Wuhan, si diffuse rapidamente in tutto il mondo”. (Continua a leggere dopo la foto)
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In attesa di una conferma (o di una smentita)
In attesa di una conferma o di una smentita a queste ipotesi davvero agghiaccianti, non possiamo altresì esimerci dal ricordare che si tratta di uno studio: ciò non vuol dire che la realtà debba essere esattamente come abbiamo scritto sinora. Esistono anche altre teorie opposte a quella degli scienziati giapponesi.
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