
“Non si tratta di riarmare l’Europa per fare la guerra alla Russia – ha scritto ieri Aldo Cazzullo sul Corriere – Si tratta di riarmare l’Europa per dissuadere la Russia dal farci la guerra”. Ora, può darsi che l’ottimo Cazzullo abbia ragione però se la Russia ha oltre 6000 armi nucleari e l’Europa ne conta poco più di 500 mettendo assieme le 290 della Francia e le 225 della Gran Bretagna, che è fuori dalla Ue, diciamo che la dissuasione rischia di essere un augurio.
Nel giro di pochi giorni abbiamo ascoltato parole che non si pronunciavano da anni, a conferma del fatto che l’architettura dell’Europa era quanto meno sbilenca: come si poteva pensare di essere una potenza superiore ai singoli Stati membri quando non si è mai arrivati, tra le altre cose, a un esercito europeo? Ci avevano detto che i singoli Stati non sarebbero andati da nessuna parte in un mondo multilaterale, fatto di potenze: dove volete andare con gli Stati sovrani? Peccato che ora è agli Stati sovrani che si chiede di aumentare le spese militari senza dover fare i conti – così spiegano, ma è tutto da vedere… – con quei tetti di spesa che perimetravano le regole di bilancio, tetti che hanno costretto i cittadini a tirare la cinghia (in Grecia se la ricordano bene la cura del SalvaStati; e pure in Italia, in quanto a compiti da fare a casa…). Insomma torna il peso dei singoli Stati membri per avere un “quid pluris” eurobellico; lo ha compreso bene Macron che infatti si è messo a capotavola nei summit diplomatici, intendendosi con l’altra potenza nucleare del Vecchio Continente, la Gran Bretagna, pilastro fondamentale della anglosfera e non della Ue.
Facciamo l’esercito per fare l’Europa, dicono. Se anche così fosse, fatta l’Europa gli europei non risponderanno all’appello. Non sto qui a ripetere quel che scrivo da tempo e che avevo già messo nero su bianco lo scorso anno su un libro dal titolo Maledetta Europa: l’Unione conta tutte le sue colpe, tutti i suoi errori, tutta la sua debolezza di impostazione. Quel che mi interessa sottolineare è che mentre i vertici dell’Unione e alcuni capi di Stato si stanno scaldando per il riarmo perché “questo è un momento spartiacque” o che “la nostra generazione non potrà più godere dei dividendi della pace”, l’opinione pubblica rischia di raffreddarsi sempre di più rispetto all’Europa. Alcuni elementi per capire il progressivo allontanamento. In primis, il dato di affluenze alle ultime elezioni per il rinnovo del parlamento europeo: mai così basso. Ma è sulle decisioni ultime della Commissione che i cittadini hanno sancito l’allontanamento da Bruxelles: le scelte sul green e quindi le ripercussioni sull’occupazione e sulle scelte del consumatore, come dimostra la scarsa convinzione verso l’auto elettrica. E che dire delle scelte dei governi dettate dal rigore dell’austerità e che, soprattutto nel Sud Europa, hanno impattato su welfare, pensioni, sanità?
Nel giro di due anni quei cittadini cui erano state imposte misure restrittive “perché non ci sono i soldi”, hanno sentito di importanti investimenti sulla transizione ecologica, sui cibi… ecosostenibili cari a Bill Gates (carni sintetiche, farine di insetto, produzioni ogm e via elencando), sulla progressiva digitalizzazione fino agli investimenti per l’Intelligenza artificiale che – stando alle ultime ricerche – toglierà il lavoro a sei milioni di persone, senza distinzione tra operai e professionisti.
Davvero pensate che il tema dell’esercito possa scaldare i cuori di persone che, per colpa delle ristrettezze europee, combattono delle loro piccole guerre? Certo, potremmo sempre dare la colpa agli egoismi e alla cecità di fronte a beni più grandi, ma potrebbe essere l’ultimo grande errore di presunzione dell’Europa.