Nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa c’è ancora una verità italiana: tutto cambia perché nulla cambi. Ossia: se tutto cambia esteriormente, tutto rimane com’è; se tutto rimane com’è, tutto può cambiare interiormente. L’11 novembre del 1958 usciva per Feltrinelli “Il Gattopardo”, da allora questo principio sembra essere immutato, ed è buono per tutte le stagioni, compresa quella delle prossime elezioni. Giorgia Meloni, infatti, sembra data per strafavorita da tutti i sondaggi e quindi si sta già preparando a formare quello che sarebbe il suo “nuovo” governo. A giudicare i primi nomi che stanno emergendo per i ministeri, però, di nuovo c’è ben poco. Come racconta un retroscena de Il Fatto Quotidiano, tra un comizio e l’altro, riservatamente, e senza parlarne nemmeno con i collaboratori più fidati, sta facendo le sue consultazioni per i ministeri chiave di un possibile governo da lei guidato. Ne ha “prenotati” due che saranno fondamentali per i prossimi mesi: l’Economia e la Transizione ecologica. (Continua a leggere dopo la foto)
“Sono i due dicasteri da cui passeranno i principali dossier sulla crisi energetica delle prossime settimane. Entrambi non dovrebbero andare a esponenti politici ma a tecnici, dicono due persone che conoscono le conversazioni di Meloni. Una mossa che potrebbe piacere anche al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che preferirà la continuità per il Tesoro. Ed è in questo contesto che si inseriscono i colloqui tra Meloni e Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce. È stato Mario Draghi a fare il suo nome a Meloni. I due si sentono spesso e la leader di FdI gli chiede consigli sulla situazione economica dei prossimi mesi e non è un segreto che vorrebbe portarlo al Tesoro per sostituire Daniele Franco. D’altronde Panetta ha un profilo perfetto per un governo di centrodestra: il suo background è quello della destra romana, poi la trafila in Banca d’Italia e lo standing internazionale necessario”. (Continua a leggere dopo la foto)
Quest’ultimo però potrebbe non accettare, visto che è il papabile successore a Ignazio Visco come governatore della Banca d’Italia, quando scadrà nel novembre del 2023 e la sua posizione nel board della Bce è una garanzia per l’Italia a Francoforte. Spiega Il Fatto: “Molto però dipenderà dalle pressioni che riceverà sia dal Quirinale che dalle cancellerie internazionali. A ogni modo, chiunque sarà il prossimo ministro dell’Economia, agirà con il pilota automatico: dovrà fare la legge di Bilancio, occuparsi del caro bollette e dell’aumento dell’inflazione. Servirà un tecnico che però sia d’area di centrodestra per non ripetere l’esperienza di Giovanni Tria nel governo gialloverde, impallinato tutti i giorni da Lega e M5S”. E per la Transizione ecologica? Anche qui la parola d’ordine per Giorgia Meloni è continuità con Draghi. (Continua a leggere dopo la foto)
“Meloni vorrebbe agire in continuità con il governo Draghi: si è spesso confrontata con Roberto Cingolani e vorrebbe confermarlo. L’altro nome che circola è quello di Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna. Per i ministeri politici, invece, nella coalizione si parla molto della ‘mina Salvini’. Così è stata ribattezzata la casella da affidare al segretario della Lega che vuole tornare al ministero dell’Interno. Tutto dipenderà dai rapporti di forza dopo il voto e se la Lega terrà o crollerà sotto il 10%, ma l’ostacolo principale alla nomina di Salvini al Viminale si chiama Mattarella che
per sostituirlo aveva sponsorizzato Luciana Lamorgese”. Se così dovesse essere, anche all’interno sarà continuità.
Infine, “la Farnesina, cioè gli Esteri, è già stata prenotata da Antonio Tajani che passa il tempo a chiamare le principali ambasciate accreditandosi da sostituto di Luigi Di Maio. Chi invece rischia di essersi giocato il posto è l’ex pm Carlo Nordio che la Meloni avrebbe voluto Guardasigilli. Ma Nordio ha fatto proposte che non sono piaciute nella coalizione: prima il ritorno all’immunità parlamentare, ieri quella di risparmiare 200 milioni limitando le intercettazioni, attaccato dal M5S. Per il ministero della Giustizia ci sono anche la leghista Giulia Bongiorno che, parlando col Fatto, si è detta contraria al ritorno all’immunità e il berlusconiano Francesco Paolo Sisto”. E questo è il cambiamento? Per forza poi Italexit cresce di giorno in giorno nei sondaggi, le persone non sono stupide.
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