Tra le tante conseguenze del piano Natale del governo, che imporrà la zona rossa agli italiani per tutto il periodo delle feste e terrà chiusi i negozi, c’è anche l’ovvia corsa dei cittadini per tornare ai luoghi di residenza o avvicinarsi ai parenti, così da poter trascorrere con loro le prossime settimane. Con due conseguene, anche queste facilmente prevedibili da tutti tranne che dall’esecutivo: un ulteriore danno per le poche località turistiche in cui si sono registrati visitatori, che hanno ridotto il tempo di permanenza per non rischiare di incappare in qualche restrizione dell’ultima ora, e il drastico calo di personale scolastico in alcune città, rimaste sostanzialmente a secco di insegnanti.
Stando alle stime del Corriere della Sera, per esempio, da Milano nelle prossime ore si sposteranno verso le altre Regioni d’Italia circa 200 mila persone: 80 mila in aereo, 50 mila in treno, il resto in autostrada. Scene di affollamento, per fortuna senza pericolose calche, si sono viste anche a Malpensa, o nelle stazioni di Torino e Roma. Un fuggi fuggi figlio del clima di grande incertezza con cui il governo ha avvolto lo Stivale, e che ha spinto molti italiani ad affrettare i tempi di rientro onde evitare guai. Concentrando così gli spostamenti in pochissimi giorni, proprio quello che in epoca di pandemia si sarebbe dovuto evitare.
“Continuo a chiedermi perché il 21, 22 e 23 dicembre non sia stato consentito muoversi, evitando affollamenti dell’ultima ora” si è chiesto sorpreso il governatore della Lombardia Attilio Fontana. Non l’unico, in queste ore, a esprimere forti perplessità per le scelte del governo, che hanno trovato resistenza anche all’interno della stessa maggioranza giallorossa. Oltre ai pericolosi ingorghi nei luoghi-chiave per il trasporto, c’è come detto un secondo problema: la tenuta del sistema scolastico ha iniziato di colpo a vacillare. Più di una scuola milanese finirà così per chiudere con due giorni di anticipo a causa delle troppe richieste di permesso da parte degli insegnanti.
La primaria Console Marcello e l’istituto comprensivo Paolo e Larissa Pini, per esempio, hanno già annunciato di dover proclamare lo stop, non riuscendo a garantire la didattica. Altri istituti seguiranno a breve l’esempio, tra la rabbia delle famiglie che si chiedono come abbia fatto il governo a non prevedere, ancora una volta, quello che sarebbe successo.
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