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“Il cuore d’Italia muore”. Le politiche Covid hanno devastato le città. I dati che inchiodano il governo

Pubblicato il 04/04/2022 12:19 - Aggiornato il 07/12/2022 17:59

C’erano una volta i centri storici. Che fine hanno fatto? In che condizioni sono ridotti? Come si è arrivati a questo punto? Un’interessantissima inchiesta di Antonio Grizzuti, pubblicata da La Verità, ci lascia una fotografia quanto mai amara sulla questione. Scrive Grizzuti: “Un tempo cuore pulsante delle città, oggi luoghi dimenticati, perfino sfrattati. Fatte salve le grandi città, nelle quali ancora il turismo rappresenta un’ancora di salvezza, nella provincia italiana i centri storici si sono trasformati in quello che erano una volta le periferie: nella migliore delle ipotesi dormitori, nella peggiore quartier generale della criminalità e dello spaccio di droga. Sempre più anziani, tanti stranieri e meno negozi”. (Continua a leggere dopo la foto)

Una delle causa è da rintracciare anche “nella diffusione dello smart working”, perché “i giovani preferiscono stabilirsi dove le case costano meno. L’identikit che viene fuori dagli studi più recenti sui centri storici fa venire i brividi. Per decenni la politica ha trascurato questa tematica, permettendo che una parte del nostro patrimonio culturale, architettonico, immobiliare e commerciale perdesse valore. Eppure, non tutto è perduto”. La Verità ha quindi intervistato Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, e Stefano Sterchi, vicepresidente dell’Associazione nazionale centri storico-artistici, per discutere delle possibili soluzioni volte ad arrestare questo declino. “È un ritratto a tinte fosche quello che viene fuori dal rapporto Centri storici e futuro del Paese, a cura dell’Associazione nazionale dei centri storico artistici (Ancsa) e Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia (Cresme)”. (Continua a leggere dopo la foto)

L’analisi mostra come “i centri storici siano segnati da una maggiore presenza di anziani (336.517) e da una minore presenza di giovani con meno di 15 anni (183.578), segno che il problema dell’invecchiamento della popolazione, già di per sé drammatico, in queste aree si fa sentire ancora di più. Con differenze profonde a seconda della singola realtà analizzata: se a Pescara l’indice di dipendenza anziani è pari al 52% e gli anziani sono cresciuti del 39,9%, a Palermo l’indice di dipendenza è il 28,9% e gli anziani sono diminuiti del 63,9% rispetto al 2001”. Nel complesso, osserva lo studio, “certamente i centri storici si presentano come luoghi dove nascono pochi bambini e abitano famiglie con pochi figli”. Un capitolo a parte riguarda i cittadini stranieri. (Continua a leggere dopo la foto)

“Nei centri storici esaminati sono censiti 174.151 residenti stranieri, pari al 3,8% dei 4,6 milioni di stranieri residenti in Italia ma all’11,7% della popolazione residente nei centri storici, contro il 7,9% rispetto alle zone non appartenenti al centro storico”. Cambia la demografia e di conseguenza anche il panorama immobiliare. “Più di un quinto delle abitazioni (21%) dei centri storici sono vuote, contro appena una su 10 (11,7%) del resto del Comune”. Va male, anzi malissimo, il commercio nei centri storici italiani. Secondo l’ultimo rapporto Città e demografia d’impresa, presentato a fine febbraio dall’Ufficio studi di Confcommercio, “nel decennio 2012-2021 in Italia sono spariti complessivamente 85.000 negozi, con un trend nel periodo (-16,4%) più negativo rispetto agli esercizi con sede fuori dal centro storico (-15,3%)”. (Continua a leggere dopo la foto)

Fanno notare da Confcommercio: “Perdere un negozio al centro storico non equivale a perderne uno in periferia. Nel centro, infatti, le sostituzioni sono tecnicamente molto più difficili, ragion per cui le riduzioni nei centri pesano di più proprio con riferimento all’eventuale riduzione dei livelli di servizio”. C’è settore e settore, ma dall’analisi emerge una vera e propria emorragia dei classici esercizi sotto casa. La pandemia si fa sentire, acuendo i trend di lungo termine: “I settori in declino rischiano proprio di scomparire dai centri storici”.

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