Niente carta bianca per gli Stati europei in difficoltà, niente aiuti che non siano vincolati a delle precise condizioni. In sintesi: vi servono i nostri soldi per far fronte alla crisi? Prendeteli, ma accettate il fatto che potremo pressare le vostre politiche di bilancio negli anni a venire. Altrimenti, cavatevela con le vostre sole forze. Questo, in sintesi, il pensiero dominante a Bruxelles, sostenuto principalmente da quei Paesi del nord che continuano a fare del rigore la propria bandiera anche di fronte a un’emergenza che continua a mietere vittime e che distruggerà le economie di tanti Stati.
Sarà il Consiglio europeo del 26 marzo a chiarire una volta per tutte l’orientamento dell’Ue. Ma le avvisaglie, in questo momento, sono tutt’altro che buone. Le opzioni sul tavolo sono tante: l’Italia chiede da un lato delle linee di credito al Mes, il discusso Meccanismo europeo di Stabilità, dall’altro l’emissione dei cosiddetti “corona bond”, debito garantito da tutti i Paesi dell’eurozona. Una posizione che deve però scontarsi con diversi ostacoli, alcuni di natura giuridica e altri prettamente politici.
C’è, infatti, il problema strutturale di un Mes nato per essere creditore, con l’obbligo quindi di far rientrare i soldi che presta con tanto di interessi. Il Trattato che lo istituisce prevede che chi vi si rivolge debba firmare un Memorandum e sottoscrivere impegni inderogabili. Di prestiti senza condizioni, dunque, non è nemmeno prevista la possibilità. E poi ci sono gli scontri in seno ai vari Paesi Ue: Italia, Spagna e Francia sono schierate su un fronte, Germania e Austria su quello opposte. Fermamente contrarie, queste ultime, a grandi concessioni verso i Paesi in difficoltà.
Dalla parte di austriaci e tedeschi c’è anche l’Olanda, che nelle scorse ore ha ribadito la sua contrarietà totale a degli aiuti senza condizionalità. La linea comunque è che l’Italia avesse problemi anche prima dell’arrivo del coronavirus e che, oltre agli aiuti, servirà affrontarli una volta per tutte. Una volta che l’emergenza sarà alle spalle, quindi, servirà un Mes vigile sulle politiche italiane, deciso a far rispettare i diktat provenienti soprattutto da Berlino. La solidarietà pura e disinteressata, insomma, auspicata da Conte è un miraggio. E lo stesso termine Unione, francamente, sembra sempre più privo di un reale senso.
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