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L’esempio danese: niente aiuti alle aziende con sedi nei paradisi fiscali

Pubblicato il 19/05/2020 10:24

Dare un’occhiata al di là dei confini non è sempre necessario, ma alle volte aiuta fornendo modelli che potrebbero tranquillamente essere imitati, quando funzionano. E fanno risaltare allo sguardo la discrepanza, netta, tra le storture del nostro Paese e quanto accade altrove. Così, mentre in Italia si discute ferocemente dagli aiuti di Stato richiesti dalla Fiat, ecco che la Danimarca nel frattempo ha assunto una posizione fortissima: il governo non darà una mano a tutte le società che hanno la rispettiva sede in dei paradisi fiscali.

L'esempio danese: niente aiuti alle aziende con sedi nei paradisi fiscali

In questi giorni concitati, in cui ogni Paese cerca di fare il possibile per aiutare i propri cittadini alle prese con le difficoltà e le restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19, la Danimarca ha infatti stanziato un totale di circa 400 miliardi di corone danesi, il corrispettivo di 56 miliardi di euro, per aiutare l’economia a rialzarsi e ripartire a pieno regime. Nemmeno un centesimo, però, di questo tesoretto sarà destinato alle imprese con sede nei Paesi che sono considerati paradisi fiscali a causa delle condizioni vantagiosissime offerte alle aziende straniere, in modo da attirarle all’interno del proprio territorio.

L'esempio danese: niente aiuti alle aziende con sedi nei paradisi fiscali

Inoltre, il governo danese ha anche deciso che le società che hanno accesso a questi aiuti non potranno pagare i dividendi agli azionisti, per tutto il 2020 e nel 2021: i soldi saranno destinati esclusivamente agli investimenti per la ripartenza e per gli stipendi dei lavoratori. I dividendi potranno essere pagati solo se le compagnie saranno in grado di restituire per intero la cifra di aiuto che hanno ricevuto.

L'esempio danese: niente aiuti alle aziende con sedi nei paradisi fiscali

La Danimarca non è il primo paese europeo a muoversi in questa direzione. Anche la Polonia, pur in maniera meno radicale, ha introdotto delle restrizioni per l’accesso agli aiuti statali da parte delle aziende con sede all’estero. Prese di posizione decisamente diverse da quella italiana, con il gruppo Fca Italy che fa capo agli Agnelli a chiedere sostegno allo Stato nonostante la sede legale del gruppo sia in Olanda e quella fiscale a Londra. Un passaggio che ha scatenato forti polemiche e che sta spingendo il governo a limitare la figuraccia inserendo qualche paletto, neanche troppo restrittivo, prima della scontata stretta di mano finale.

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