Christine Lagarde batte cassa, e chiediamo scusa per la sintesi brutale, ma è proprio quel che è accade: ben 100 miliardi di dollari dovrebbero essere stanziati dagli Stati dell’Unione europea, ha affermato la presidente della Bce. Il dibattito di questi ultimi mesi si è concentrato per lo più sulla deriva green intrapresa dalle istituzioni comunitarie in nome dei “cambiamenti climatici”, tra la direttiva sull’efficientamento energetico e la assurda proposta di requisire i terreni agricoli per coltivare la “biodiversità”. Altrettanto folle ci pare, in una congiuntura economica che non è delle più felici, la richiesta della Lagarde: “Serve un’azione coordinata che veda l’impegno di tutti, in primo luogo dei governi che devono essere impegnati in prima linea e devono onorare gli impegni di assistenza finanziaria presi con i paesi in via di sviluppo”, ha detto la presidente della Bce nel suo intervento al Summit per un Nuovo Patto Finanziario Globale a Parigi.
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Gli impegni presi (14 anni fa)
Effettivamente erano stati presi degli impegni, ben 14 anni fa. Impegni assunti, infatti, alla COP15 di Copenaghen nel 2009 per ben 100 miliardi di dollari. Lagarde ha ricordato come oltre il 90% delle morti causate da eventi atmosferici estremi nell’ultimo mezzo secolo sono avvenute nei paesi in via di sviluppo dove si verifica il 70% delle catastrofi. Christine Lagarde ha, poi, aggiunto che i governi dovrebbero anche “mobilitare finanziamenti privati”. “Il cammino davanti a noi è chiaro, dobbiamo procedere con una transizione che metta al sicuro le nostre economie di fronte alle sfide future”, ha rimarcato Lagarde, facendo presente che, secondo le ricerche della Bce, “solo in Europa oltre il 70% della nostra economia è altamente dipendente dall’ecosistema naturale“. La priorità, dunque, è l cambiamento climatico, al netto della pesante situazione economica dei Paesi Ue, di cui però la Banca centrale europea pare disinteressarsi.
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Il crollo del settore manifatturiero
Anzi, molte misure appaiono assolutamente inique, come il continuo rialzo dei tassi di interesse: il tasso di riferimento europeo è passato in soli tredici mesi dallo zero al quattro per cento. Il tasso sui rifinanziamenti principali è stato portato al 4%, quello sui depositi al 3,50%, e quello sui prestiti marginali al 4,25%, come leggiamo sul quotidiano Libero. Una stretta monetaria decisamente controproducente. Prendiamo l’esempio del settore manifatturiero, che era un’eccellenza tutta italiana, nella quale eravamo all’avanguardia in Europa. Oggi, invece, i dati dell’indice Hcob Pmi Flash Composito – ovvero relativo alla manifattura e ai servizi – ci dicono che esso cala a 50.3, dal 52.8 di maggio, cioè il valore minimo in cinque mesi. Sotto i 50 punti l’indice indica la contrazione del mercato. Non è un problema solo italiano, la Germania è messa addirittura peggio. Nella ex “Locomotiva d’Europa” l’indice manifatturiero è precipitato sino ai 41 punti netti, contro i 43.5 previsti dagli analisti.
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