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La Parità di Genere è soltanto numerica! Così la forma maschera l’assenza di sostanza

Pubblicato il 10/02/2022 18:17

Il Comitato Olimpico Internazionale (“CIO”), con l’obbiettivo dichiarato di avere ai giochi olimpici una presenza paritetica di atleti donne e uomini sta procedendo, in maniera selettiva, ad eliminare quelle discipline sportive dove la presenza di questi ultimi è preponderante.

Il processo di esclusione delle discipline sportive sbilanciate a sfavore del fattore D ha visto una accelerata con la decisione del CIO, presa nel 2019, di escludere il Karate dai giochi olimpici che si terranno a Parigi nel 2024. Al posto del Karate sono stati inserite altre 4 discipline sportive: Breaking, skateboarding, sport climbing e surfing. La stessa sorte è toccata ai 50km di marcia. 

Il CIO ha motivato la scelta di escludere dai giochi olimpici il Karate ed altre discipline sportive spiegando di essersi attenuto alle indicazioni della Commissione del programma Olimpico,ovvero di perseguire l’obbiettivo di avere non solo una partecipazione di atleti uomini e donne ai Giochi Olimpici pari esattamente al 50%, ma di far crescere gli sport misti (i.e. ovvero quelle discipline dove vi sono sia atleti uomini che donne), facendoli passare dal numero di 18 a 22 in confronto ai giochiolimpici di Tokyo 2020. 

Sul sito del CIO campeggia a lettere cubitali:-

“GENDER EQUALITY

Female participation:

50% (Paris 2024)

48,8% (Tokyo 2020)

45,6% (Rio 2016)”

Sempre sul sito del CIO si enfatizza la circostanza che ai giochi di Parigi 2024 ben 28 discipline sportive su 32 saranno fully gender balancedIl raggiungere una perfetta parità numerica tra uomini e donne è visto come uno degli obbiettivi strategici dei CIO, quello che non si può che definire un “obbiettivo strategico” profondo e maturo che, ne desumo, dovrebbe far sentire gli atleti donna non discriminati rispetto ai colleghi maschi.

Quindi apprendiamo che in nome del cd. politically correct anche il mondo dello sport si è piegato a scelte di genere dove l’eguaglianza tra donne e uomini non viene “pesata” ma contata. Chi governa il tempio dello sport mondiale ha ritenuto che il solo raggiungere il risultato di avere lo stesso numero di atleti donne e uomini che partecipano ai giochi olimpici sia presupposto necessario e sufficiente per poter sostenere che sia stata raggiunta la tanto agognata parità di genere. 

Un simile modo di ragionare non soltanto non è di nessuna utilità, ma è già obsoleto. Infatti, un conto è perseguire l’obbiettivo virtuoso di eliminare ogni discriminazione sessuale nell’accesso e nella pratica dello sport, un altro è fingere che la mera percentuale paritetica di atleti olimpici garantisca di per sé il raggiungimento dell’obbiettivo. Inoltre, esiste oramai anche un terzo genere di atleti (transgender) e la ripartizione 50/50 di soli uomini e donne li esclude dalle competizioni olimpiche.

Come sempre più spesso accade la forma serve a mascherare l’assenza di sostanza.

Una conclusione, quella del CIO, a mio avviso aberrante, che ritengo dovrebbe essere tale per ogni essere senziente. Il solo pensare che la ricerca della mera parità numerica di atleti donne e uomini ai giochi olimpici debba costituire motivo di vanto è una follia, in particolare se calata in un contesto, quello sportivo, dove solo la correttezza (sportiva) dovrebbe assurgere a metro di giudizio, e non l’essere “politicamente corretti”.

Ora la stessa sorte sembra toccare al pugilato, una disciplina storica del mondo degli sport di combattimento, esclusa a partire dai Giochi Olimpici di Los Angeles 2028. La decisione lascia esterrefatti, gli sport di combattimento, per definizione, vedono una prevalenza di uomini rispetto alle donne senza che questo debba scandalizzare nessuno.

Ma tutto questo non deve soprenderci nel momento in cui Christian Klaue, responsabile Comunicazione del CIO, una di quelle persone che ci tiene a scrivere in calce alla e-mail:-“ Pleaseconsider the environment before printing this e-mail non hadifficoltà a sostenere la bontà delle scelte del CIO. Ho chiesto di sapere, anche nella veste di sportivo e tecnico della FPI, come potersi opporre ad una decisione cosi stupida come quella di escludere il pugilato dai giochi olimpici e resto in attesa di una risposta.

Il mondo del pugilato vive sulla soglia della sopravvivenza, anche grazie ad aiuti. I pugili dilettanti anelano a partecipare alle Olimpiadi, questo viene visto come il raggiungimento di un traguardo in una disciplina dura ed impegnativa. La decisione di bandire dai giochi olimpici il pugilato potrebbe avere effetti devastanti sulla sopravvivenza di questo sport, e non possiamo sottacere come il pugilato ha anche una funzione sociale, aiutando molti ragazzi a non prendere una cattiva strada. 

Auspico un mondo in cui sul sito del CIO, al posto di quanto viene pubblicizzato oggi, campeggi a lettere cubitali la scritta:”Polically Corrrect Free zone

Paolo Troiano

Milano, 9 febbraio 2022