Mentre lo Stato non c’è e gli italiani sono abbandonati a loro stessi nel fronteggiare l’emergenza economica e lavorativa innescata dalla pandemia di coronavirus, alcuni cittadini disperati raccontano che stanno iniziando a rivolgersi agli strozzini perché non trovano altre possibilità. Questo dramma immane, un vero e proprio incubo, è stato raccontato in uno straordinario articolo da Rosanna Volpe su Il Fatto Quotidiano. “A me hanno già tolto tutto. La mia azienda, un appartamento, un garage. Poi sono iniziate le minacce e le botte. Da un po’ di tempo non mi tormentano più. E io so perché…”. Inizia così il racconto di un ex imprenditore pugliese che oggi serve ai tavoli di un bar, mentre racconta la sua storia a Rosanna. “Gli imprenditori – prosegue – oggi sono in difficoltà. Ora hanno bisogno tutti di liquidità e in un piccolo paese tutti sanno a chi devono rivolgersi…”.
Continua il protagonista di questa storia: “Un mio ex collega ha chiesto e ricevuto. E non stento a crederci: a me hanno dato in 48 ore 40mila euro. Bastano due giorni, mentre le banche ti chiudono le porte in faccia. Certo non lo rifarei più. Mi hanno distrutto economicamente e psicologicamente e una parte della mia vita se la sono portata via per sempre. Il loro modus operandi è sempre lo stesso: si avvicinano alle aziende in difficoltà. Prestano aiuto. Ti impongono di assumere uno di loro all’interno dell’azienda e da quel momento avranno tutto sotto controllo: il tuo conto in banca, entrate e uscite. Conosceranno le tue abitudini e i tuoi punti deboli. Saranno presenti nella tua vita in ogni momento. Come un cappio al collo”.
Con il coronavirus la situazione rischia di precipitare drammaticamente. Luciana e Giovanni – si legge sul Fatto – sono proprietari di una piccola macelleria di un quartiere popolare, nell’estremo nord della Puglia. “Oggi non è entrato nessun cliente. Abbassiamo la saracinesca con la cassa vuota. Abbiamo comprato casa e dobbiamo pagare un mutuo. Poi ci sono le bollette e l’affitto del locale. Un uomo di bella presenza qualche giorno fa, si è affacciato in negozio. Abbiamo parlato del più e del meno. Alla fine, ci ha detto che se avessimo bisogno di una mano, avremmo potuto chiedere a lui. Tanto, diceva, c’è tempo per restituire. Io e mio marito, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo rifiutato. Ma non so come faremo ad andare avanti”.
Gli strozzini arrivano dove c’è bisogno. Denaro in tempi da record. Due giorni, 48 ore, per ricevere l’aiuto necessario a sopravvivere. Scrive Rosanna Volpe: “Così la malavita si organizza ai tempi del coronavirus, ai tempi delle aziende chiuse e delle produzioni ferme. Ai tempi delle scadenze che arrivano e del denaro che non si incassa. E dove l’accesso al credito richiede iter burocratici lunghi, la macchina della criminalità assicura velocità e un po’ di ossigeno. Almeno apparentemente. Perché un prestito da 40mila euro si trasforma in un debito senza fine. Tranche da 10mila euro al mese che se non paghi si raddoppiano. I tentacoli degli strozzini arrivano ad appartamenti di proprietà, ad auto, a capannoni. Si impadroniscono di tutto. Quando non c’è più niente da prendere, arrivano le minacce, i calci e i pugni”.
In questi sessanta giorni di lockdown, in tantissimi hanno pensato di rimediare ai debiti familiari, di lavoro e di gioco rivolgendosi alla malavita. “Arrivano segnalazioni da tutta la Puglia – racconta a ilfattoquotidiano.it Attilio Simeone, legale della Fondazione antiusura San Nicola e Santi Medici e della Consulta nazionale che raggruppa ben 33 fondazioni antiusura presenti in ogni regione d’Italia – Le storie portano nomi diversi ma hanno un comune denominatore: debiti che si raddoppiano e un incubo senza fine per chi si rivolge agli strozzini”. Un altro “dettaglio” enorme di questa vicenda che evidentemente lo Stato e il governo fanno finta di non vedere.
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