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In parlamento è stata cancellata la libertà di ribellarsi al globalismo

Pubblicato il 01/08/2020 16:05 - Aggiornato il 01/08/2020 18:54

di Gianluigi Paragone.

Ridurre l’autorizzazione a procedere verso Salvini a un fatto tecnico giuridico è un grave errore. La questione è essenzialmente politica e rimarca ancora una volta un ordine ben preciso: anestetizzare la politica, omologarla, standardizzarla. Non ci devono essere spazi diversi da quelli voluti da un unico pensiero globalista: demolire gli Stati, puntare l’indice contro chi pensa e agisce diversamente. Chi dunque svia va punito prima attraverso la demonizzazione mediatica, poi attraverso manovre politiche e infine attraverso la giustizia che quando non è politicizzata (e le intercettazioni di Palamara dimostrano quando lo è), è comunque già stata convertita – magari in buona fede, per carità, ma cambia poco – al pensiero dominante. Il risultato tuttavia è il medesimo, cioé mettere fuori gioco gli altri.

Il tema dunque non è Matteo Salvini, ma la possibilità di applicare politiche diverse da quelle che il mainstream impone. E il mainstream impone subdolamente ciò che è Bene e ciò che è Male, ciò che è Buono e ciò che è Cattivo. Così il Potere dei più buoni diventa la grammatica politica cui devi sottostare se non vuoi finire nella Caienna dei brutti, sporchi e cattivi. La domanda sottintesa che il dibattito dell’altro giorno al Senato proponeva è: si possono applicare politiche rigide nel controllo dell’immigrazione clandestina? Si possono applicare politiche dure, radicali, finanche di chiusura? Per me sì, perché è una scelta politica. Per chi ha votato a favore dell’autorizzazione a procedere no. Ma l’aspetto giuridico non c’entra: tant’è che nel caso Salvini/Diciotti i Cinquestelle negarono ai giudici il processo (un processo che è politico nel senso largo del termine) a meno che non vogliamo davvero credere alle glosse da Azzeccagarbugli che permettono a Conte di lavarsene le mani.

Se Salvini fosse stato ancora ministro di quel governo, la decisione sarebbe stata di difesa del proprio ministro all’insegna del “Processateci tutti”. Ma si sa, i tempi cambiano e i punti di vista si adeguano.
Aprire un processo contro Salvini significa processare l’opzione dei porti chiusi. E’ giusto? Sì, se si pensa che governo e parlamento non possano godere di una immunità strettamente limitata alle scelte politiche. Io invece penso il contrario, penso che il potere dell’esecutivo si materializzi anche in queste scelte. Se la giustizia vuole politicizzarsi allora si vada alle elezioni popolari dei magistrati d’accusa. Altrimenti il gioco è sbilanciato: Salvini ha ragione, ammette Palamara, ma va fermato. Giovedì scorso M5S, Pd e Leu hanno obbedito a Palamara.

Essere rigorosi e rigidi sul controllo delle frontiere significa (a maggior ragione nella mia visione di uscita dalla Ue) proteggere i cittadini italiani o chi, straniero, risiede in Italia regolarmente. Consentire gli sbarchi non è accogliere e men che meno non è integrare: consentire gli sbarchi significa per i politici cosiddetti buoni sistemare la propria visibilità nella zona vip dove ormai pescano e significa per il sistema globalista proseguire nell’intento di smontare gli Stati, di indebolirli attraverso le migrazioni dopo averli sottoposti alle peggiori condizioni di indebitamento finanziario. A tal proposito l’ingannevole step a favore del Mes è la dimostrazione: il Mes è passato attraverso un subdolo emendamento del Pd; insomma, tanto hanno fatto che alla fine è scattato il semaforo verde al Mes.


GIANLUIGI PARAGONE

Eccola dunque la gabbia europea: dall’alto la morsa finanziaria che ti imprigiona col debito, dal basso le migrazioni incontrollate che diventano invasione. Una invasione che alla fine infoltirà l’esercito di lavoratori in nero, sfruttati e sottopagati; infoltirà le organizzazioni criminali che fanno soldi nel business dell’accoglienza (parola che a tal proposito s’impregna di ipocrisia); addenserà un disagio che si scarica per lo più nelle periferie, già in affanno.
Impedire di fermare in maniera decisa questo traffico di approdi significa negare alla politica di agire diversamente. Ecco perché ieri a processo non è finito Salvini ma la libertà di fare una politica diversa da quel che vuole il Pensiero unico.