Nel silenzio generale dei sindacati, in un momento in cui gli italiani si trovano a fare i conti con le conseguenze delle scelte del governo sul fronte internazionale, la scuola si trova ancora una volta a fare i conti con dei tagli. Nello specifico mezzo punto percentuale, che in valore assoluto rappresenta il 25% della spesa in meno. Un dato che fa riflettere e che emerge in maniera chiara dal Def, il Documento di Economia e Finanza, presentato il 6 aprile e fatto passare in secondo piano da tante testate mainstream.
Come riportato dalla testata Professione Insegnante, dietro questa scelta ci sarebbe, ufficialmente, il calo demografico: “Tuttavia si fa fatica a pensare che nel 2025, data di entrata in vigore della misura riduttiva, ci sarà un calo del 25% degli studenti. Anziché gioire per il calo demografico, forse un governo avrebbe dovuto chiedersi i motivi e come fare per incentivare le famiglie a fare figli in una popolazione che invecchia”.
La linea, insomma, è chiara: una spesa minore della scuola che si accompagna, invece, a maggiori investimenti sugli armamenti. “Ricordiamo che la media della spesa sulla scuola in UE è del 4,7% del PIL. L’Italia era ben al di sotto della media” e a seguito di questa ulteriore riduzione rischia di scivolere presto tra le ultimissime posizioni in Europa. Non proprio un segnale incoraggiante, per usare un eufemismo.
Il tutto mentre i sindacati restano immobili: “Il prossimo passo, definito nel Def è una ulteriore riduzione al 3,3 – 3,4 negli anni successivi al 2025”. Difficile, in un contesto del genere, immaginare che possa scattare il tanto invocato aumento del personale scolastico, più che mai utopico. La scuola, evidentemente, non è tra le priorità di chi ci governa.
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