L’ennesima, potenziale occasione di scontro tra le forze che compongono il governo giallorosso è già stagliata all’orizzonte e ha il nome e le fattezze del maxi fondo ma 500 milioni di euro istituito grazie all’articolo 42 del decreto Rilancio e che dovrebbe servire, a leggere il testo, per promuovere il trasferimento tecnologico per start up e piccole e medie imprese. Il tutto senza escludere l’ingresso nel capitale o il controllo da parte dello Stato. Un impegno non certo da poco, verrebbe da pensare. Intorno al quale, però, si sono subito concentrati i sospetti del Partito Democratico, che guarda con cattivo occhio i Cinque Stelle e lo strumento da loro fortemente caldeggiato, ora nero su bianco.

Secondo quanto raccontato da La Repubblica, infatti, i dem avrebbero iniziato a sospettare, una volta presa coscienza della realtà del fondo, di un piano grillino per allargarsi nel mondo dell’informazione, inseguendo le ambizioni della Casaleggio associati. Il terreno di scontro tra le due forze giallorosse sarà così la Commissione Bilancio della Camera: qui gli esponenti del Pd presenteranno alcuni emendamenti per snaturare lo strumento istituito dai Cinque Stelle e per togliere il controllo sulla gestione della somma al ministero dello Sviluppo Economico a capo del quale siede Stefano Patuanelli.

A non convincere Zingaretti & co., spiega Repubblica, è in particolar modo la serie di passaggi con cui si è arrivati a questo risultato. Un fondo per l’innovazione esiste infatti già, il Cdp Venture Capital voluto da Luigi Di Maio in passato e ora di colpo accantonato e che aveva il compito di finanziare le start up con una dotazione triennale di un miliardo di euro. Ora il nuovo fondo, con l’obiettivo molto simile di “supportare la crescita di start up e pm dall’alto potenziale innovativo”, non si avvale però del citato Venture Capital ma di Enea, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, alla quale è consentito di istituire una fondazione di diritto privato, Enea Tech, sulla quale spetta proprio al ministero dello Sviluppo Economico di Patuanelli il compito di vigilare. Il Pd, in tutto questo, non ci vede nulla di buono.

A preoccupare i dem è inoltra la facoltà dello stesso ministero di Patuanelli di entrare nel capitale della aziende, in casi estremi anche assumendone il controllo. Il tutto attraverso regole fissate proprio dal Mise, vero centro di tutta l’operazione. I dubbi sui criteri di trasparenza e operatività potrebbero spingere i dem a intervenire con emendamenti in grado di scardinare il meccanismo messo in moto dai Cinque Stelle: la battaglia si sposta dunque in Parlamento, dove le due forze collideranno inevitabilmente, alla ricerca di un compromesso che al momento non sembra facile. L’ennesima crepa in un governo che inizia pericolosamente a scricchiolare, sotto i colpi di presunti alleati che si rivelano puntualmente tali fino a un certo punto.
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