Anche chi è guarito in maniera naturale dal Covid, dopo essere risultato positivo, deve sottoporsi alla somministrazione dei vaccini? Se lo stanno chiedendo in tanti, in queste ore in cui il governo prepara una stretta sempre più forte contro i cittadini che ancora rifiutano le due (a breve tre) dosi e che presto vedranno i propri diritti quasi del tutto estinti. Con la maggior parte degli esperti concordi nel sottolineare come, in realtà, i guariti abbiano una protezione superiore a quella dei vaccinati.
Stando a un recente studio dell’Università di Newcastle, addirittura i guariti potrebbero essere danneggiati da un’eventuale vaccinazione: una ricerca ha evidenziato come su 972 operatori sanitari che avevano contratto il Covid, quelli che si sono successivamente sottoposti all’inoculazione hanno visto “aumentare i rischi di eventi avversi”. Per fare chiarezza, la testata Il Tempo ha intervistato in merito il dottor Paolo Gasparini, direttore di Genetica Medica a Trieste e membro del Consiglio Superiore di Sanità.
“I guariti – ha spiegato Gasparini – sono immuni contro tutte le porzioni del virus a differenza dei vaccinati che sono stati immunizzati solamente contro la proteina Spike (una parte del virus). Diverse pubblicazione scientifiche inoltre dimostrano chiaramente che l’immunità naturale è maggiore e di più lunga durata di quella determinata dai vaccini”. Chi guarisce, dunque, dovrebbe essere escluso dalla campagna di somministrazione: “Normalmente nei soggetti guariti da un’infezione virale e con anticorpi circolanti non si procede ad una vaccinazione. Non si capisce quale è il razionale per fare un’eccezione”.
Gasparini ha poi tirato il freno per quanto riguarda la somministrazione dei farmaci anti-Covid ai bambini (“Per stare tranquilli bisogna aspettare che il numero di soggetti arruolati nelle sperimentazioni cliniche sia 4-5 volte superiore”) sottolineando come, in ogni caso, per i minori sarebbe prima opportuno fare un sierologico per capire se sono stati già a contatto con il virus o meno: “Permetterebbe sia di ottenere dati epidemiologici sia di definire strategie vaccinali razionali e pertanto verosimilmente efficaci. Ai bambini guariti si possono applicare le stesse regole che dovrebbero essere applicate ai guariti adulti ovvero non vaccinarli ma eventualmente monitorare l’evoluzione del tasso anticorpale nel tempo”.
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