Lo spettro del Green pass torna ad aggirarsi tra noi. Ce ne eravamo finalmente liberati – pensavamo, ingenuamente – con la fine dell’emergenza del Covid-19, eppure un simile strumento di stringente controllo sociale, e di discriminazione per i divergenti, non poteva certo finire in soffitta e non tornare sotto nuove forme, d’altronde è su questa piattaforma elettronica che sono modellati l’IT Wallet e l’Identità digitale cui sta lavorando l’Unione europea, lo European Digital Identity Wallet o EuDI. La notizia, dunque, è che si chiamerà “Digital green certificate” e che è stato reintrodotto con il Decreto legge del 2 marzo 2024, numero 19, il cosiddetto Decreto PNRR, ove trova spazio anche lo stesso IT Wallet. Una (brutta) notizia nella notizia, inoltre, è che sarà finanziato con i fondi usati per i danneggiati da reazioni avverse da vaccino Covid. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il “Decreto PNRR”
Lo prevede espressamente il comma 4 dell’articolo 43, citando la legge del 28 marzo 2022, numero 25, relativo alla “misure urgenti” per sostenere chi sia stato penalizzato dalla emergenza sanitaria. Ora la beffa: quei fondi finanzieranno il redivivo Green pass. Tornando al “nuovo” certificato, all’articolo 43 è scritto letteralmente: “la Piattaforma nazionale Digital green certificate (Piattaforma nazionale – DGC) emette, rilascia e verifica le certificazioni e le ulteriori certificazioni sanitarie digitali individuate e disciplinate con uno o più decreti del Ministro della salute, adottati di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e previo parere del Garante per la protezione dei dati personali”. Il termine ufficiale dell’emergenza da Coronavirus decretato dall’Organizzazione mondiale della sanità il 5 maggio del 2023, dunque, non è bastato a cancellare per sempre la certificazione verde. Ora si attende il vaglio delle Camere. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’istituzionalizzazione del Green pass
La norma, dunque, istituzionalizza la piattaforma che emette, rilascia e verifica le certificazioni sanitarie nell’ordinamento e garantisce idoneo finanziamento a carico dello Stato per il suo funzionamento. E va detto che il tutto è accaduto un po’ in sordina: Il Giornale d’Italia resta, al momento, l’unica testata che se ne è occupata.
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