In Italia mancano gli autisti. Tanti, oltretutto. Per la precisione 15 mila, come identificato dalle ultime stime dell’Anita, l’Associazione degli autotrasportatori di Confindustria. Un vuoto che da anni viene colmato ricorrendo a lavoratori in arrivo da altri Paesi europei, e ultimamente anche extra-Ue. Dall’inizio del mese di ottobre, infatti, il decreto Flussi pubblicato in Gazzetta Ufficiale ha riservato una quota di ingressi al settore specifico dei trasporti: porte aperte, dunque, a chi sarà in possesso di patenti equivalenti alla categoria comunitaria e convertibili in base agli accordi in vigore tra i loro Stati di origine e l’Italia.
Il mondo dell’autotrasporto dovrà così condividere con edilizia e turismo un totale di 6000 ingressi programmati per rafforzare questi settori. Secondo Giuseppina della Pepa, segretario generale di Anita, “la strada maestra è prima di tutto il coinvolgimento di ragazzi italiani. Ad esempio il Comitato Centrale dell’Albo ha avviato un progetto che nella sostanza copre l’80% dei costi di formazione di giovani interessati ad accedere alla professione. Ma di fronte alle richieste di personale del nostro settore, anche il decreto Flussi può giocare un ruolo importante, pure se condiviso con edilizia e turismo”.
Diventare un autotrasportatore, d’altronde, ha dei costi non irrilevanti. Un totale di 6-7 mila euro che comprendono patente e qualificazione e che si trasformano in un ostacolo quasi insuperabile per chi si affaccia sul mondo del lavoro per la prima volta o è reduce da situazioni di disoccupazione. Con la fine della leva obbligatoria, inoltre, si è interrotto l’avvio alla professione di chi era stato formato nell’esercito. La conseguenza è stato un costante calo della percentuale di italiani nel settore: agli inizi del 2000 gli autisti del Bel Paese erano complessivamente il 98%, oggi sono il 60%.
Il ricorso agli autisti provenienti da Paesi extra-Unione Europea è così diventata fondamentale per un settore che invoca nuovi lavoratori. Stefano Pedot, ad dell’omonima azienda, ha spiegato attraverso le pagine del Secolo XIX: “Il nostro futuro autista ritirerà in ambasciata il permesso di soggiorno, verrà qui, ci prenderemo cura di lui e lo formeremo. Certo, è una scommessa: sarebbe necessario sistematizzare queste assunzioni. Spero in ogni caso che il prossimo anno l’intero decreto Flussi possa essere dedicato all’autotrasporto”. Restano ostacoli come le barriere linguistiche, non sempre facili da superare. Ma il percorso sembra ormai tracciato. E l’Italia si prepara a contare sempre più su autisti stranieri.
Ti potrebbe interessare anche: Speso solo un terzo dei fondi per potenziare la sanità. Conte, Arcuri e l’Italia impreparata