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Speso solo un terzo dei fondi per potenziare la sanità. Conte, Arcuri e l’Italia impreparata

Pubblicato il 26/10/2020 09:54

Letti, tamponi e vaccini. E poi le file chilometriche, le terapie intensive mai realizzate, i ritardi clamorosi. Per l’emergenza Covid – al di là della propaganda di governo per nascondere i propri disastri e quelli imputabili ad Arcuri – è stato speso solo un terzo dei fondi stanziati. Da inizio pandemia è stata realizzata solo la metà delle terapie intensive previste. E i posti letto per le malattie infettive sono quasi tutti al Nord. La seconda fase di contagi da Covid, che mostra un trend crescente in questi giorni, sta trovando l’Italia impreparata. E questo è inammissibile: non abbiamo posti letto a sufficienza ed è caos su somministrazione e prezzi sul fronte tamponi. E poi ci sono ritardi e incertezze anche sui vaccini antinfluenzali.

Insomma, il quadro è disastroso. Soprattutto se si pensa che tutto questo era assai prevedibile e che già da maggio ci si poteva preparare per tempo. Invece di pensare ai bonus monopattino o agli inutili banchi a rotelle della Azzolina (per altro, pure quelli, mai arrivati. Numeri alla mano, “dei circa 3,4 miliardi di euro messi a disposizione dal governo dall’inizio della pandemia, solo poco più di un terzo è stato speso – certifica oggi La Stampa – per l’acquisto di mascherine, camici ed attrezzature. Per il solo potenziamento delle strutture sanitarie, il governo con il decreto Rilancio aveva stanziato 1,9 miliardi. Solo ora, a cinque mesi di distanza, le Regioni hanno iniziato a presentare piani per spendere 734 milioni di euro”.

Resta indietro dunque, l’Italia, sul fronte del potenziamento delle strutture sanitarie. Anche se proprio questa doveva essere la priorità. Invece di pensare a chiudere i cinema o i ristoranti. Come dimostrano i dati del rapporto di Arcuri consegnato al governo il 9 ottobre: “attualmente i posti in terapia intensiva sono 6.458, ossia la metà di quelli che punta a raggiungere il ministero della Salute. Ma è caos anche sul fronte tamponi. In Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Basilicata, Campania e Trentino i tamponi molecolari per il Covid possono essere effettuati da pubblico e privato. In altre solo il pubblico è autorizzato. In questi mesi, scrive La Stampa, Arcuri ha distribuito 10 milioni e 514 mila tamponi, ne sono disponibili altri 2,7 milioni, da distribuire nelle prossime settimane. Con calma, non c’è fretta…

Ma pure qui c’è un altro problema: i prezzi, infatti, variano: per chi risulta positivo al sierologico, sono forniti gratis, con esenzione dal ticket. Nei casi in cui a prescriverlo è il medico la Regione paga negli ospedali circa 70 euro per i tamponi e solo 5 per i test sierologici. Niente tamponi, invece, nei laboratori privati nel Lazio, dove la fila ai Drive In di Zingaretti per fare il test Covid può arrivare fino a 14 ore. E negli ospedali la Regione è stata costretta a richiamare i medici in pensione perché il segretario del Pd – governatore del Lazio – ha lasciato le strutture sprovviste di personale medico. Del resto era ottimista: non aveva pensato a una seconda ondata…

E infine ci sono i ritardi e il caos anche sui vaccini antinfluenzali. Il ministero della Salute avrebbe ordinato 17 milioni di dosi, 1130 per cento in più dell’anno scorso ma ancora, in alcune regioni, non è possibile prenotare la prestazione, soprattutto al Sud. E le dosi, fa notare la fondazione Gimbe, potrebbero comunque non bastare. La disponibilità nazionale è di 17.866.550 dosi, ma non tutte le regioni offrono una copertura adeguata. Complimenti vivissimi al governo e ad Arcuri!

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