Non accennano a diminuire le tensioni in Francia, con la rivolta del popolo delle banlieu a seguito della morte di Nahel Merzouk, ma la legge promossa dal presidente Emmanuel Macron, approvata il 5 luglio, per evitare che vengano sobillate altre rivolte, devastazioni e saccheggi, scontenta un po’ tutti. Annunciata, tra mille polemiche, già in maggio, l’iter della norma ha subito una notevole accelerata proprio in questi giorni confusi. La disposizione è stata discussa e approvata dai membri dell’Assemblée Nationale, in cui gruppo parlamentare di Renaissance, il partito del presidente Macron, detiene una larghissima maggioranza. Il carattere dell’urgenza ha, dunque, portato alla approvazione della norma in tempi brevissimi. Di fatto la Francia ha sancito quello che è stato definito “Hacking di Stato” sugli smartphone dei cittadini, uno spionaggio a norma di legge. Ora, la polizia francese sarà in grado di attivare a distanza la fotocamera, il microfono e la localizzazione GPS degli smartphone e di altri dispositivi, quali tablet, computer portatili e, persino, automobili. Una misura che andrà autorizzata da un giudice, ma che comunque rappresenta un notevole precedente, che non può non far temere una simile stretta anche in altri Paesi europei. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come funzionerà lo spionaggio “istituzionale”
La polizia francese, dunque, potrà attivare le telecamere e i microfoni per effettuare registrazioni video e audio dei sospetti. A parere del ministro della Giustizia, Éric Dupond-Moretti, non vi sarebbe da temere in termini di privacy e libertà fondamentali: si tratterebbe solo di “poche decine di casi all’anno”. Come si legge sul prestigioso quotidiano Le Monde, “L’autorizzazione per questo tipo di osservazione è prevista per crimini che prevedono almeno 5 anni di carcere e in generale per persone sospettate di reati di terrorismo, delinquenza e criminalità organizzata”. La misura, che fa parte di un più ampio disegno di legge di riforma della Giustizia, è stata aspramente contestata, come anticipavamo, dai gruppi per i “diritti digitali” e dai sostenitori delle libertà civili.
Il rischio della sorveglianza di massa
Già lo scorso maggio, allorché la misura era ancora in fase di discussione, l’associazione per la tutela della privacy La Quadrature du Net citava il “diritto alla sicurezza, il diritto alla vita privata e alla corrispondenza privata”, nonché il diritto di “andare e venire liberamente”, interpretando la proposta come uno “scivolamento” verso una sicurezza “eccessiva”. Non ha placato le polemiche l’emendamento, giunto proprio dal gruppo parlamentare di Renaissance, che limita i casi in cui questo strumento sarà utilizzabile, oltre che una durata appropriata: la sorveglianza non può comunque superare i sei mesi. Va detto che alcune professioni godranno di un’esenzione speciale: non si potranno usare questi strumenti nei riguardi di medici, giornalisti, avvocati, giudici e parlamentari. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il precedente di “Pegasus”
Per concretizzare la misura è necessario infettare i dispositivi con un malware o con spyware potenti (ma legali) come lo spyware israeliano “Pegasus” , già al centro di controversie e polemiche. Ecco perché si parla di “Legge dei ficcanaso”. Quantunque, sempre a Le Monde, il ministro Dupond-Moretti affermi “Siamo lontani dal totalitarismo di 1984. La legge salverà la vita delle persone”, è proprio l’incubo orwelliano che da più parti si paventa: la limitazione dei diritti fondamentali e la creazione di uno Stato di sorveglianza e controllo sociale, dunque autoritario.
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