“Farina al 100% made in Italy”, e fin qui sembra una cosa positiva: il problema riguarda il tipo di farina cui parliamo, farina di grilli. Grilli italiani, però. Nella patria della Dieta Mediterranea – patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO dal 2010 – ne avremmo fatto volentieri a meno, e non lo diciamo per sciovinismo. Sono enormi le criticità che vengono ampiamente sottovalutate se non taciute, e su cui torneremo, riguardo il consumo di queste farine. La notizia, rilanciata dalla stampa italiana con incredibile entusiasmo, riguarda il primo (e unico, per ora e per fortuna) stabilimento nazionale autorizzato alla produzione, trasformazione e commercializzazione per uso alimentare umano della prelibata pietanza. A vantare questo primato la marchigiana Nutrinsect, con sede a Montecassiano nel maceratese. (Continua a leggere dopo la foto)
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Dieci milioni di grilli rigorosamente “italiani”
L’azienda ospita già un allevamento di dieci milioni di grilli del tipo Acheta domesticus, essendo nata come startup nel 2016, dapprima producendo la polvere di grillo per i soli mangimi animali. Ora è pronta a invadere gli scaffali dei supermercati. “Da questo momento la polvere di grillo liofilizzata sarà distribuita per noi dall’azienda reggiana Reire – annuncia l’amministratore delegato di Nutrinscet, il 39enne Josè Francesco Cianni – raggiungendo le aziende e i canali horeca”. Quest’ultimo è il termine commerciale che si riferisce al settore dell’industria alberghiera, ma non sappiamo se i turisti apprezzeranno la novità. Secondo Cianni, il grillo essiccato può essere mangiato come snack: “È buono”, dice. Ancora nelle parole di Cianni, che si possono ascoltare nel video del Corriere della sera che abbiamo pubblicato: “Produciamo circa 24 tonnellate di farina di grilli all’anno, in un ambiente di mille metri quadrati, ma abbiamo come obiettivo minimo quello di raggiungere le 400 tonnellate annue e un impianto da 10mila metri quadrati”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Così si “salva il pianeta”?
Insomma, c’è gente che crede che mangiare grilli polverizzati possa salvare il pianeta, prova evidente della forza del condizionamento mentale messo in atto su questo tema dalla Unione europea, promotrice di questa evidente follia. Va detto che un deterrente notevole, a parte il disgusto e il comune buon senso, è dettato dal prezzo: il costo si aggira tra i 50 e 60 euro al chilo, molto di più rispetto alla farina “normale”. La farina di grillo sarà impiegata in pasticceria, ma anche per la produzione di pasta fresca: “Sono state già indicate le percentuali massime consentite, ad esempio per fare le tagliatelle si potrà inserire non più del 15% di polvere, nei biscotti l’8%“, ancora nelle dichiarazioni di Josè Francesco Cianni. (Continua a leggere dopo la foto)
I rischi per la salute
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: la chitina, che è alla base dell’esoscheletro degli insetti, non è assimilabile dall’organismo umano. Di recente, Patrizio Hermes Barbon, medico chirurgo ed esperto in nutrizione, ha ampliato lo spettro del rischio: “Nutrendosi prevalentemente di proteine di insetti, l’organismo non elabora né la niacina, vitamina B3 essenziale per la produzione di energia e per la salute del sistema nervoso, né la creatina, fondamentale per la massa muscolare, né la lisina utile ad assorbire il calcio e a formare collagene, supportando il sistema immunitario”. E ancora: “Un’alimentazione a base di insetti comprometterebbe l’acido glutammico, il neurotrasmettiore eccitatorio che favorisce la concentrazione e il buon sonno”. Persino la Repubblica ha parlato di allergie e disturbi, gonfiore e vomito fino, nei casi più gravi, allo shock anafilattico in relazione al consumo degli insetti sfarinati.
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