
È un mito vivente. Ha scritto più di 100 sceneggiature ed è autore di alcuni del film simbolo del cinema italiano. Parliamo di Enrico Vanzina, oggi 72 anni, che ha concesso una lunga intervista a Hoara Borselli per Libero in occasione del quarantesimo anniversario di Vacanze di Natale. Il dialogo è l’occasione per ragionare sulle differenze tra il passato e il presente, dove il moralismo (tutto a senso unico) e il politicamente corretto si stanno imponendo in un modo non sempre positivo (per usare un eufemismo): “Questo moralismo deriva dalle imposizioni dettate dall’alto – attacca Vanzina – che bloccano tante cose, che impauriscono. Soprattutto è presente sempre un’ideologia: uno contro l’altro. I nostri film hanno cercato di rappresentare in maniera leggera un sentimento nazionale. Un sentimento che non aveva niente a che vedere con la politica. Era il sentirsi italiani. Era un periodo, appena finiti gli anni ’70, nel quale uscivamo da grandi divisioni politiche del Paese, pesantissime. Violente. Quindi c’era questa voglia di riprovare a essere tutti uniti per cercare un po’ di speranza”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Chiede Borselli se oggi fosse possibile fare gli stessi film, così in contrasto col politicamente corretto dilagante. Vanzina spiega: “Basta metterci la faccia. Almeno per quanto mi riguarda, visto che sono una persona anziana che dice quello che vuole: mi prendo le mie responsabilità. Credo che il politicamente corretto abbia fatto fare passi avanti a una fetta di popolazione che probabilmente aveva dei pregiudizi, dovuti alla sua cultura, all’educazione, come per esempio i pregiudizi verso la donna, verso le diversità, verso le persone che arrivano da altri paesi, con altre culture. Nella mia vita privata do un enorme peso al senso di liberalismo. La libertà della persona al centro di tutto”. (Continua a leggere dopo la foto)

Quanto a uno dei temi del momento, il patriarcato, Vanzina spiega: “In Italia un pochino ancora esiste. Siamo un Paese che aveva quel tipo di atteggiamento, quella visione di famiglia. Però è vero che per l’85-90% della popolazione ci siamo liberati di quell’idea. Rimangono però delle sacche di patriarcato, questo sì. La generazione di oggi è una generazione che ha un grande vuoto, e qui entra in gioco la famiglia. Tutto quello che si impara, i valori veri, anche la cultura, il modo di essere, nasce sempre dalla famiglia. Poi le scuole possono darci qualcosa in più e sono fondamentali. Ma lo specchio quotidiano che ha un ragazzo è quello del rapporto che c’è in famiglia, il rapporto tra i loro genitori. Un grande problema è la globalizzazione che ha fatto perdere molte identità culturali in tanti Paesi, e i ragazzi ora iniziano a pagarne le conseguenze”.
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