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“Ecco perché L’Italia è il Paese che rischia di più”. Il monito arriva direttamente dal New York Times

Pubblicato il 06/03/2022 11:45 - Aggiornato il 23/06/2023 11:54

Tra i Paesi che si sono uniti alla strategia sanzionatoria contro la Russia, in merito all’invasione dell’Ucraina, l’Italia è quello che rischia di più. Il monito arriva direttamente dal “New York Times”, che apre l’articolo così: “I due paesi hanno forti legami economici da decenni, ma l’invasione dell’Ucraina ha spronato il governo di Roma a riallinearsi con gli alleati europei, a un costo spropositato.”
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Le forniture di gas al centro della questione

Il NYT pone l’accento su come gli approvvigionamenti di gas del nostro Paese dipendano per oltre il 40 per cento dalla Russia. “Dopo un’iniziale cautela legata all’effetto boomerang che le sanzioni avrebbero avuto sulle importazioni energetiche dell’Italia, sulle imprese del lusso e sul settore bancario, uno dei Paesi che in Europa vanta i più stretti legami con la Russia si è fatto avanti assieme ai suoi alleati occidentali per imporre sanzioni muscolari contro il presidente russo Vladimir Putin, anche a costo di danneggiare ancor più gli italiani”, si legge nell’articolo. E ancora “L’Italia, che una volta era considerata dalla Russia e dai nervosi alleati Nato come il ventre molle d’Europa, ha blindato l’unità del blocco europeo e ha accettato il rischio che il Cremlino possa chiudere i rubinetti del gas come ritorsione”.
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La posizione di Mario Draghi

«In caso di interruzione delle forniture di gas dalla Russia, l’Italia ha più da perdere rispetto ad altri Paesi europei che dipendono da fonti diverse», ha detto al Parlamento italiano Mario Draghi, presidente del Consiglio ma anche figura di spicco dell’Unione Europea, aggiungendo però che: «Ciò non diminuisce la nostra determinazione a sostenere le sanzioni che riteniamo giustificate e necessarie». Ha anche detto che l’Italia ha “risposto all’appello” del presidente ucraino Volodymyr Zelensky per armi, equipaggiamenti e veicoli militari, perché quando una democrazia sotto attacco chiede aiuto, “non è possibile rispondere solo con l’incoraggiamento”. Il Premier ha poi precisato che: «La crisi accelererà il processo di integrazione dell’Unione Europea sulla politica di immigrazione, accogliendo i rifugiati ucraini, ma anche per quanto riguarda gli investimenti verso “una difesa comune” per proteggere l’ordine internazionale creato dopo la seconda guerra mondiale».
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I rapporti nascono dal dopoguerra

Per gran parte del dopoguerra, l’Italia ha mantenuto uno stretto legame con la Russia. Nei decenni successivi alla caduta del regime fascista di Benito Mussolini, il Partito Comunista italiano era il più grande al di fuori del blocco sovietico. La casa automobilistica italiana Fiat costruì la più grande fabbrica di automobili dell’Unione Sovietica in una città intitolata al leader comunista italiano Palmiro Togliatti, e investì anche nell’aiutare i sovietici a modernizzare la loro industria automobilistica e le infrastrutture. L’Italia divenne una terra di confine politica e ideologica nel cuore dell’Europa occidentale. I leader del paese – quelli di sinistra e di destra – mantennero una forte alleanza con gli Stati Uniti, ma si accordarono anche con i sovietici, e poi con i russi, per la loro fornitura di energia. Con l’ascesa degli oligarchi, la Russia emerse come mercato per l’agricoltura, le banche e i beni di lusso italiani.
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Draghi cambia il peso delle relazioni

Ma l’era transazionale di estrema flessibilità italiana tra Russia e Occidente sembrava svanire con Draghi, che, da quando è entrato in carica nel 2021, ha rafforzato i legami dell’Italia con l’Unione Europea. Ora i politici che hanno corteggiato il favore della Russia si sono trovati in difficoltà e Draghi ha mostrato scarso interesse a dare una pausa alla Russia dall’inizio della guerra. L’ex presidente della Banca Centrale Europea, ha affermato di aver personalmente proposto all’Europa di adottare ulteriori misure contro gli oligarchi russi con un patrimonio superiore a 10 milioni di euro (11 milioni di dollari), di intensificare le pressioni sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei regolamenti internazionali, con sede in Svizzera, per aderire alle sanzioni.

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