Di seguito condividiamo una delle numerose lettere di testimonianza che ogni giorno riceviamo.
“Appartengo alla categoria dei lavoratori legati al mondo delle palestre, come saprà chiuse ormai dal lontano 24 ottobre 2020. So che lei ha molti impegni e non desidero farle perdere più tempo del dovuto, sarebbe inutile dilungarsi su quello che non sta funzionando, posso però cercare di rendermi utile con delle considerazioni sull’attuale situazione che spero possiate portare all’attenzione di chi si occupa di sport all’interno delle sedi istituzionali.
La chiusura di ottobre scorso è stata prolungata di mese in mese ed in base al modus operandi fino ad ora utilizzato, eliminando la variabile vaccini, noi rischiamo se va bene di riaprire nel periodo estivo per poi richiudere nuovamente a Ottobre 2021.
Ora, la maggior parte delle palestre a parte alcuni casi registra i fatturati più alti durante il periodo invernale, gli abbonamenti spesso sono su base annuale e andranno in parte rimborsati o recuperati, se si riaprirà comunque una buona fetta dei clienti è stata persa, perché terrorizzata dal virus e occorrerà del tempo per recuperarla, per non parlare di bollette, affitti e così via.
Continuando in questo modo è scontato capire quello che accadrà a chi ha come attività principale la gestione di palestre o similari, in Italia per lo più di tipo famigliare, favorendo chi, ad esempio alcune catene, può permettersi di aspettare che passi la burrasca per poi approfittare lecitamente di una concorrenza ormai inesistente.
L’introduzione della zona bianca nell’ultimo decreto con quei criteri rischia di creare le caratteristiche di una riapertura a singhiozzo che metterebbe in difficoltà sia il gestore di palestre o similari, che non potrebbe fare un minimo di programmazione svendendo i suoi abbonamenti, che il cliente, il quale nel dubbio preferirebbe rimanere a casa o accedere a piattaforme online possibilmente gratuite, le palestre non vendono al dettaglio e la struttura è una parte fondamentale dell’offerta, per questo bisogna avere la certezza di rimanere aperti.
Stessa cosa per l’ipotesi del patentino vaccinale, considerando i tempi previsti dagli attuali dati a disposizione si avrebbe una riduzione del bacino di utenza nel primo anno che renderebbe conveniente chiudere piuttosto che rimanere aperti per mal sopravvivere.
Poi a parte il discorso degli adeguati risarcimenti, sui quali non voglio polemizzare, sarebbe opportuno capire perché siamo stati sacrificati rispetto ad altre categorie con un rischio simile al nostro, si sarebbe potuti ripartire anche con allenamenti in piccoli gruppi o individuali, dando comunque la possibilità di rimettersi in moto o ancor meglio, andare avanti con le ultime prescrizioni imposte il 23 ottobre e mai state adottate, togliendoci di fatto definitivamente la possibilità di riaprire.
Senza un efficace protocollo che permetta alle attività di ripartire in sicurezza e soprattutto di mantenere con costanza e senza interruzioni future il servizio prestato, sarà davvero dura per la nostra categoria.
Oltretutto considerando i benefici ormai conclamati dell’attività motoria sulla salute, come incentivo si potrebbe prendere in considerazione per le partite Iva che svolgono prestazioni legate al benessere psico-fisico, una riduzione dell’IVA dal 22% al 10%, non è possibile dover pagare la stessa imposta prevista per il consumo di una bevanda gassata.
Ogni tanto mi domando cosa farei se malauguratamente l’epidemia dovesse durare altri 2 anni e mi vengono in mente alcune risposte sentite in televisione dagli esperti di turno, ovvero che dovrò cambiare mestiere, peccato che come lei ben sa non è così facile trovare lavoro in questo periodo, soprattutto dovendo cambiare totalmente o quasi attività.
Mi deve scusare perché alla fine mi sono dilungato anche troppo, concludo augurandole buon lavoro, io intanto comincerò da subito a pensare cosa farò da grande.