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Addio al crocifisso! La storica sentenza che cambia tutto quello che abbiamo visto finora

Pubblicato il 21/03/2024 20:37 - Aggiornato il 21/03/2024 20:55

La vicenda risale addirittura al 2010, e sarebbe bello se si perseguissero con tale perseveranza anche obiettivi più contingenti. Ebbene, dopo 14 anni l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti (UAAR) ha vinto la sua crociata – e questo termine non lo abbiamo scelto a caso – contro il crocifisso negli uffici pubblici, ovvero contro “l’imposizione” di un simbolo religioso. Negli stessi giorni in cui divampa la polemica per la scuola che chiude per il ramadan. E curiosamente, su quest’ultimo episodio, gli atei agnostici e razionalisti non hanno nulla da dire, e non solo loro: abbiamo sentito ben pochi richiami alla “laicità dello Stato”. Nel 2010, dicevamo, a Mandas, piccolo Comune di duemila abitanti nel Sud della Sardegna in provincia di Cagliari, partì la battaglia degli atei dopo che, nel novembre 2009, il sindaco Umberto Oppus (tuttora in carica) aveva emesso un’ordinanza che imponeva il crocifisso in tutti gli edifici pubblici, pena una multa di 500 euro. (Continua a leggere dopo la foto)

divieto crocifisso sentenza imposizione
Foto: Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato

La sentenza del Consiglio di Stato

Dunque, il Consiglio di Stato ha stabilito attraverso una sentenza che siano stati violati il principio di legalità e il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi. Motivo dell’ordinanza da parte del primo cittadino era la reazione alla sentenza della Corte europea di Strasburgo, emanata in seguito al ricorso presentato dalla socia dell’Uaar Soile Lautsi, come ricostruisce Rainews. Si trattava, pertanto, di una iniziativa simbolica, tant’è che il provvedimento è stato poi, quasi subito, ritirato dal primo cittadino. Nelle scuole, ad esempio, il crocifisso potrebbe “urtare la sensibilità degli studenti non cattolici”, ma negli altri uffici pubblici quale sensibilità può mai urtare? Premesso che sono pareri personali di chi scrive, crediamo che anche gli atei, come tutti gli europei, abbiano beneficiato lungo la loro vita di un retaggio culturale che affonda le proprie radici esattamente nel Cristianesimo. Dunque, culturalmente parlando, al di là della religiosità o dell’ateismo, ci domandiamo cosa possa turbare così tanto; altresì ci chiediamo perché non vi debba essere un principio di reciprocità con le altre confessioni religiose. (Continua a leggere dopo la foto)

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Il principio di reciprocità

Il tutto in ossequio a minoranze – quella musulmana, evidentemente, su tutte – che però non rispondono al principio di reciprocità che abbiamo appena richiamato: qualcuno ha mai chiesto a un musulmano, in un Paese islamico, di rinunciare a uno dei loro simboli sacri per non turbare una minoranza di un’altra confessione religiosa? Noi in Italia, invece, come anticipato, chiudiamo persino le scuole per le festività di altre religioni, statisticamente assai minoritarie; oppure cambiamo nome al Natale per non offendere le altrui sensibilità; o, ancora, sospendiamo le maestre che fanno recitare ai bambini la preghiera di Natale, ma tant’è.

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