Il cambiamento climatico non è uno scherzo, e non è l’invenzione di qualche complottista. È un tema serissimo. E stavolta cerchiamo di analizzarlo da un’altra prospettiva. Posto il tremendo costo che ha per la vita del mondo, della natura, degli esseri umani e di tutte le specie viventi, analizziamo ora il costo economico di questa follia.
Moody’s Analytics qualche giorno fa ha pubblicato una nuova analisi sulle ricadute economiche del mutamento climatico (“The Economic Implications of Climate Change”). Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, calcola che il costo di un innalzamento della temperatura di due gradi centigradi si aggirerebbe intorno ai 69 trilioni di dollari entro il 2100, circa 27 volte il debito pubblico italiano.
Un conto salatissimo, che scenderebbe a 54 trilioni di dollari qualora l’aumento della temperatura si fermasse a un grado e mezzo. Un innalzamento di oltre due gradi potrebbe contribuire a innescare il temuto “warming feedback loop” , micidiale scenario in cui il pianeta reagirebbe all’aumento della temperatura amplificando il riscaldamento, e rendendo inutile ogni (tardivo) sforzo per abbattere le emissioni.
Sul cambiamento climatico il mondo dell’economia e della finanza non dev’essere miope. Il capoeconomista di Moody’s Analytics, Mark Zandi, spiega che “gli effetti più draconiani del cambiamento climatico non verranno avvertiti fino al 2030 e oltre, e non diventeranno particolarmente pronunciati fino alla seconda metà di questo secolo”.
Secondo il report, il cambiamento climatico impatterà sull’economia mondiale attraverso sei canali: aumento del livello dei mari, peggioramento della salute, diminuzione della produttività del lavoro, turismo, domanda di energia e soprattutto agricoltura.
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