Se n’è parlato poco qui in Italia, ma quello che è successo ieri negli Stati Uniti non ha precedenti. E infatti viene definito il più grande black-out della rete mobile mai avvenuto negli States. Tanto esteso e violento da aver fatto nascere più di un sospetto su un possibile attacco hacker, in cui la principale indiziata sarebbe la Cina. Il tema è più che mai caldo. Perché comunque sia andata, lo scenario che si è registrato in molti Stati degli Usa potrebbe essere esemplificativo di ciò che accadrebbe se si dovesse arrivare a uno scontro fra superpotenze. Nel nostro immaginario ci sono armi ed esplosioni, il che sarebbe ovviamente drammatico. Ma è più probabile che questa “guerra” verrebbe combattuta, almeno all’inizio, a colpi di tecnologia. Perché il nostro mondo viaggia in rete. E colpire la tecnologia equivale a mettere in pericolo la vita quotidiana di milioni di persone. (continua dopo la foto)
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Vale la pensa riassumere i fatti. Ieri in mattinata, i dati della piattaforma che tiene traccia delle interruzioni nelle comunicazioni su tutto il territorio americano – si chiama Down Detector – ha cominciato a ricevere improvvisamente migliaia di segnalazioni. In sintesi, ha smesso di funzionare quasi tutto: linee telefoniche, Internet e in alcuni casi anche i numeri di emergenza. Il provider più colpito è stata la AT&T, ma anche altre compagnie più piccole hanno registrato problemi. Il disservizio ha riguardato, a macchia di leopardo, tutto il territorio nazionale. Da New York ad Atlanta, Boston, Dallas, Houston, Los Angeles, Seattle e San Francisco sino ad arrivare a Montreal, in Canada. Un punto inquietante è che molto stazioni di Polizia in tutto il Paese hanno segnalato l’interruzione delle chiamate di emergenza. Mentre alcuni utenti hanno segnalato che l’unica cosa che funzionava era proprio il 911. Insomma, un caos totale durato alcune ore. (continua dopo la foto)
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Le autorità, una volta passato il momento di maggiore difficoltà, hanno minimizzato la tesi dell’attacco informatico cinese. Ma ci sono comunque molte prove dell’attività del “dragone” sul territorio americano, a prescindere da ciò che è accaduto durante il maxi black out delle comunicazioni. In parte per l’abitudine di Pechino di monitorare i dissidenti all’estero, un po’ per i tentativi di penetrare i siti Web dei governi stranieri. E queste non sono ipotesi, ma una realtà comprovata. La settimana scorsa il direttore dell’Fbi Chrostopher Wray aveva denunciato proprio gli sforzi dei cinesi per installare segretamente malware all’interno delle redi di infrastrutture critiche degli Stati Uniti. Fra le quali, per l’appunto, le comunicazioni. E recentemente le autorità Usa sono riuscite a interrompere gli attacchi di una rete di hacking cinese che aveva preso di mira le infrastrutture americane, fra cui rete elettrica e approvvigionamento idrico. Comunicazioni, acqua ed elettricità: il cuore del funzionamento di un intero sistema. Se qualcuno riuscisse a violarlo sarebbe una catastrofe. Ed è una battaglia sottotraccia, ma evidentemente già in corso.
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