Un video che ha fatto il giro dei social, virale in poche ore. E capace di scatenare reazioni di ogni tipo da parte degli utenti, compresa una pioggia di critiche piovute improvvisamente su una giovane tiktoker che si è lamentata, in lacrime, del suo nuovo lavoro. Di cosa stiamo parlando? Dell’ultima clip realizzata da una giovane neolaureata in Marketing, Brielle Asero: “Non pensavo fosse così deprimente la vita lavorativa”. Come spiegato dalla testata Chronist, la giovane ha raccontato come il suo turno inizi alle 9 per terminare alle 17, occupandole metà della giornata. Una situazione che, in realtà, è comune a tante persone. Ma che le ha scatenato un forte sconforto, condiviso con i follower. (Continua a leggere dopo la foto)
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“Lavoro in presenza e mi ci vuole un’eternità per arrivare. Non ho tempo per fare nulla. Voglio fare la doccia, cenare, andare a dormire, ma è diventato tutto complicato. Non ho l’energia per fare sport, non ho tempo per fare nulla e sono molto stressata”. Una clip che ha scatenato la rabbia di tanti utenti, che hanno sottolineato come questa sia la condizione di migliaia di lavoratori in tutto il Paese. (Continua a leggere dopo la foto)

La ragazza non ha scelto TikTok solo per lamentarsi della sua situazione, ma ha anche approfittato dell’utenza social per chiedere un consiglio in merito alla gestione dei turni di lavoro, della vita in generale. “Voi come fate o come fareste?”. Le risposte, però, non sono state propriamente gentili. (Continua a leggere dopo la foto)

Qualcuno ha definito la ragazza “pigra”, altri sono stati ancora più diretti (e in certi casi offensivi). Tanto che la stessa Brielle ha deciso di tornare sul tema: “Non capisco come la mia storia sia diventata una discussione di tipo politico quando tutto quello che cercavo di fare era avviare una conversazione e essere rispettosa delle persone. Volevo solo riunire i ragazzi e le ragazze che la pensano in questo modo per incitare possibilmente al cambiamento. Noi della generazione Z lavoriamo tanto quanto le persone che ci hanno preceduto, solo che lo facciamo con salari più bassi e costi di produzione più alti”.
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