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“Bonus mamme”, meno tasse per le madri lavoratrici: i requisiti e gli aumenti in busta paga

Pubblicato il 26/11/2023 22:12

È stato immediatamente ribattezzato “Bonus mamme”, ma rientra in un più ampio novero di misure in favore delle famiglie, in particolare alle donne e alle madri che lavorano, previste nella legge di Bilancio 2024. In questo caso, l’intento del governo Meloni quello di è prevedere delle agevolazioni per le mamme lavoratrici, che al contempo svolgono il proprio lavoro e – si spera di concerto con i mariti – accudiscono i figli. Sono circa 800mila le lavoratrici madri interessate dalla misura, il 10% del totale. È anche un modo di supportare la natalità alla luce del drammatico crollo demografico, come ha comunicato l’esecutivo. È precisamente per “vincere l’inverno demografico”, nelle parole della stessa presidente del Consiglio, che è stata concepita, di fatto aumentando il reddito delle madri lavoratrici, aumentando la busta paga grazie alla decontribuzione: sarà direttamente il datore di lavoro a applicare la sforbiciata ai contributi, con la trasformazione della quota tagliata in aumento dello stipendio lordo. Altri interventi collaterali, previsti nella manovra finanziaria, interessano i bonus per l’asilo nido o i fringe benefits per talune fasce di lavoratori dipendenti.(Continua a leggere dopo la foto)
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I requisiti

Tornando alla misura per le mamme lavoratrici, essa è declinata secondo differenti requisiti. Non è strutturale, ma ha limiti temporali ben definiti: vediamo, dunque, a chi è destinata e in quali termini. La cosiddetta “decontribuzione delle madri” prevede che le lavoratrici con almeno due figli siano esentate dal pagamento dei contributi a carico del lavoratore. Di conseguenza, lo Stato coprirà questa parte dei contributi, alleviando così il peso finanziario sulle madri che lavorano: per i periodi di paga dall’1 gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 a favore delle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato – fatti salvi i rapporti di lavoro domestico e i lavori con contratti a termine – viene riconosciuto un esonero del 100% della quota dei contributi previdenziali nell’arco, dunque, di 36 mesi ovvero tre anni. Invece, il periodo di decontribuzione per le madri lavoratrici con due figli sarà di dodici mesi, ovvero fino al 31 dicembre 2024, ma ci informa il Giornale che “non è da escludere una proroga nella prossima Legge di Bilancio”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le simulazioni

La norma copre circa 2,7 punti percentuali nella prima fascia di esenzione fino a 25mila euro e 3,7 punti nella seconda fascia tra 25mila e 35mila euro. In generale, le aliquote contributive per i lavoratori dipendenti prevedono il 33% del reddito, di cui il 23,81% è versato dal datore di lavoro e il restante 9,19% è a carico del lavoratore dipendente, sicché ne consegue che la lavoratrice vedrà un aumento del 9,19% sull’importo lordo soggetto a contributi previdenziali. In accordo con i calcoli dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, la decontribuzione per le madri lavoratrici corrisponderà a circa 1.700 euro annui di aumenti in busta paga. Tra le destinatarie del provvedimento, il 57% rientra nella fascia con meno di 35mila euro, laddove il restante 43% è destinato a chi vanti retribuzioni superiori. La simulazione effettuata su un campione rappresentativo di famiglie – riferisce ancora l’Ufficio parlamentare di Bilancio – stima un costo per l’erario di circa 450 milioni di euro. Il “Bonus mamme” è altresì integrato dal taglio del cuneo fiscale che va dal 3% al 7% per i redditi fino a 25mila euro e dal 2% al 6% per i redditi fino a 35mila euro.

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