Il professor Sergio Romagnani, uno dei più importanti autori a livello mondiale nel settore dell’immunologia, Grande Ufficiale della Repubblica, professore emerito dell’università di Firenze, dove è stato anche direttore del centro di eccellenza di ricerca dell’Ateneo, autore di 486 pubblicazioni con un Impact Factor superiore a 2.00, oltre 40 mila citazioni, HIndex 107, lo aveva detto. Lo aveva detto che Astrazeneca non avrebbe funzionato. E oggi lo rivendica, in un’intervista scoppiettante a LaVerità. Fu lui a fine gennaio 2021 a leggere i trial Astrazeneca ed evidenziarne le criticità, per poi dichiarare pubblicamente: “Io non farei mai questo vaccino”. Il suo allarme, ora scomparso magicamente da Google, fu raccolto dal Corriere Fiorentino. Oggi ricorda Romagnani: “È stata davvero una brutta storia, quella di Astrazeneca. Io avevo letto i lavori con l’attenzione di un reviewer e avevo concluso che erano stati commessi errori nei trial clinici”. Nella fattispecie due: “Innanzitutto erano state usate due dosi identiche in tre dei quattro gruppi di volontari ed una dose dimezzata nella prima inoculazione del quarto gruppo. Ciò nonostante, a livello di efficacia fu poi fatta una media dei risultati tra tutti e quattro i gruppi, raggiungendo poi una protezione dalla malattia grave e dall’ospedalizzazione che fu calcolata tra il 50 e il 70%. Ma questo è un procedimento completamente antiscientifico, non si può fare”. La denuncia è fortissima. (Continua a leggere dopo la foto)
E il secondo errore? Spiega Romagnani: “Nelle quattro casistiche di volontari non c’era un numero sufficiente di persone di età superiore ai 55 anni, erano pochissimi e quindi non si sapeva l’effetto che poteva avere su questa età, soprattutto tenendo conto che era l’età delle persone più colpite dalla malattia grave”. Quindi il trial non fu fatto in modo corretto. Poi, come ricordiamo, insorse il problema degli effetti collaterali gravi, delle donne soprattutto giovani. La soluzione fu di farlo alle persone di età superiore ai 55 anni, “cioè proprio a quelle persone – denuncia il professore – sulle quali non sapevano quale sarebbe stato l’effetto, perché non c’era un numero sufficiente di dati sui volontari preclinici. È stato un pasticcio, un brutto pasticcio”. Poi arrivarono le tromboembolie di marzo-aprile in tutta Europa, tra cui la morte di Camilla Canepa. E allora il discorso fu rigirato. Dissero: “Siccome bisogna fare un vaccino a tutti i costi perché il morbo infuria, facciamolo ai vecchi per non far rischiare i giovani”. Una follia. (Continua a leggere dopo la foto)
Parlando del ritiro di Astrazeneca di poche settimane fa, Romagnani spiega: “È ormai acclarato che è un vaccino in cui i rischi superano i benefici e soprattutto può avere degli effetti collaterali che ne controindicano l’uso nelle giovani donne. Io avevo un conflitto interiore: quello dello scienziato intellettualmente onesto che vuol dire la verità sempre, e quella dell’uomo comune che aveva delle responsabilità. Temevo che dicendo questa verità la gente non si sarebbe più vaccinata. Quindi andai in regione a parlare con l’assessore alla sanità toscano e un suo consulente mi disse che mi avrebbe fatto contattare da Aifa”. E poi: “Mi chiamarono, mandai una relazione con le mie valutazioni sui trial clinici. Mi risposero dopo circa 20 giorni. Con i miei sessant’anni di esperienza alle spalle, capii che probabilmente il lavoro non lo avevano letto o forse non lo avevano capito. Spero però che sia stata una superficialità e non una malafede”. Attacca Romagnani nell’intervista a Maddalena Loy: “Non mi diedero risposte specifiche e precise, si limitarono a dire che anche questo vaccino era efficace e che in un momento così bisognava usarlo per salvare la gente. Teoria condivisibile – ricordo che allora c’era una grande isteria: vaccinare, vaccinare, vaccinare, anche giusta perché il momento era molto critico sul piano epidemiologico – ma il problema è che quel vaccino forse non doveva essere approvato”. (Continua a leggere dopo la foto)
Il prof. Romagnani rivela poi che ne parlò con Sergio Abrignani, che poi divenne membro del Cts, e altri colleghi: “Tutti mi dicevano che avevo ragione. Poi però quando andavano in televisione subivano la pressione, che era fortissima”. E cosa fece lui? “Dissi pubblicamente che non mi sarei vaccinato con AstraZeneca. Fui anche invitato ad alcune trasmissioni televisive di successo, ma bloccato quasi subito. Un programma mi chiamò e mi preparò una serie di quesiti, detti delle risposte scritte in modo che sapessero che cosa avrei detto. Ebbene, il giorno prima fui avvertito dalla regista che la mia partecipazione era stata esclusa perché era ‘contro la linea editoriale'”.
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