I cosiddetti affitti brevi, nei mesi scorsi, sono stati a lungo al centro di un serrato dibattito politico, poi surclassato da altre tematiche. Torniamo a parlarne perché, a partire dal gennaio di questo 2024, la normativa è cambiata, come sancito dalla legge di Bilancio 2024. Gli affitti brevi e i Bed and Breakfast, una delle attività a maggior crescita nelle città d’arte e nelle località di vacanza, anche grazie al successo di molte piattaforme web di interscambio di informazioni, nonché un modo per “arrotondare” vanno incontro a importanti innovazioni legislative. Possiamo parlare di una stangata “a metà”, nel senso che la cedolare secca (l’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali per i contratti di locazione) salirà dal 21 al 26% solo nel caso in cui si affitti – per periodi non superiori ai 30 giorni in un anno – più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta. Se la somma dei giorni di locazione tra eccede il limite dei 30 giorni, è necessario adempiere agli obblighi di registrazione del contratto. La tassazione, dunque, aumenta se si affitta più di una casa, esentando dall’aumento la prima casa in affitto. (Continua a leggere dopo la foto)
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Cosa cambia
Occorre precisare che le imprese, incluse quelle individuali, non potranno aderire al regime di tassazione della cedolare secca. Salvi, dunque, i piccoli proprietari ovvero che affittano, ad esempio, la casa al mare o in montagna, ma non chi fa degli affitti brevi un vero e proprio business, anzi: dal quinto immobile in poi, diventerà obbligatorio aprire una Partita Iva. All’obbligo di passare alla più pesante tassazione Irpef si affiancherebbe quindi la presunzione di svolgimento dell’attività in forma imprenditoriale. Circa l’obiettivo che il governo Meloni ha inteso perseguire, al di là dell’aspetto puramente fiscale, il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari aveva dichiarato, allorché era stato interpellato durante la definizione dell’ultima Manovra: “L’aumento della cedolare secca al 26% sugli affitti brevi non è per fare cassa, è fatta a tutela di famiglie e studenti universitari. Applicare la stessa cedolare del 21% a chi affitta a famiglie o studenti e a chi invece affitta legittimamente il proprio immobile in ambito turistico non ha molto senso e ha contribuito a creare, soprattutto nelle grandi città, l’enorme carenza di case a disposizione di fuorisede e famiglie”.(Continua a leggere dopo la foto)
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Gli altri obblighi
Già il cosiddetto “Decreto Anticipi”, poi convertito nella legge numero 191 del 2023, aveva introdotto il Codice Identificativo Nazionale (CIN), obbligatorio per le unità immobiliari destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, comprese le locazioni brevi. Altresì è previsto l’obbligo per i locatori di esporre il CIN all’esterno dello stabile e ad indicarlo in ogni annuncio pubblicato, come puntualizza il Giornale. Introdotto inoltre l’obbligo di presentare la SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) presso il Comune di ubicazione. Infine, sono previste le seguenti multe laddove non si ottemperi a tali prescrizioni: dunque, sanzioni pecuniarie per l’assenza del CIN (da 800 a 8000 euro); per la mancata esposizione del CIN stesso (da 500 a 5000 euro), per la mancata presentazione della SCIA (da 2000 a 10mila euro) e per la locazione di unità immobiliari prive dei requisiti di sicurezza (da 600 a 6000 euro per ogni violazione accertata).
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