Se non sarà il governo Conte, il lockdown e una gestione folle di questa emergenza a dare la mazzata finale agli italiani, ci penserà il Fisco. La data del primo gennaio 2021 è infatti una delle peggiori all’orizzonte. Altro che festa di Capodanno, per migliaia di cittadini ci sarà da mettersi ancora di più le mani nei capelli, perché da quel giorno partiranno ben 9 milioni di cartelle con procedimenti di riscossione (torneranno anche i pignoramenti) per debiti che i contribuenti italiani hanno nei confronti della pubblica amministrazione. Si tratta di 954,7 miliardi di euro che sono stati accumulati negli ultimi 20 anni.
A comunicare dati e modalità di procedere è il direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, durante l’audizione con la commissione finanze e attività produttive della Camera dei deputati del 22 aprile 2020. Questi debiti sono stati accumulati dal gennaio del 2000 al 31 dicembre del 2019 e riguardano 17,4 milioni di contribuenti. Come riporta Paolo Del Debbio su La Verità, analizzando la questione, “l’83,4% riguarda le vere e proprie tasse, il 13,1% è di natura contributiva o previdenziale ed è stato affidato dall’Inps e dall’Inail all’Agenzia, l’1,9% viene dai Comuni, il restante 1,6% viene da Regioni, Casse di previdenza, Camere di commercio, Ordini professionali, eccetera”.
Inoltre, oltre il 50% del totale secondo Ruffini, cioè 570 miliardi su 954, sarà “difficilmente esigibile” perché 153,1 miliardi sono dovuti da soggetti falliti, 117,9 miliardi sono dovuti da persone decedute o da imprese cessate, 109,5 miliardi dovrebbero arrivare da nullatenenti. La domanda che si pone Del Debbio, e noi con lui, a questo punto sorge spontanea e fa arrabbiare: ma in questi 20 anni si doveva scegliere l’anno in assoluto peggiore, dal dopoguerra a oggi, per risolvere la questione?”.
Il momento attuale, infatti, appare quello più irragionevole per procedere con questa riscossione. Vogliamo aggiungere macigno a macigno? “Non sarebbe il caso – scrive Del Debbio – di verificare la cosiddetta capacità dei contribuenti ai quali inviare queste cartelle? Perché inviarle in modo indiscriminato, senza verificare che per alcuni pagare ora è semplicemente impossibile? Ad esempio, per quelli che hanno cartelle sotto i 1.000 euro (e che sono il 45,4 % dei contribuenti interessati e che pesano sul valore complessi-vo l’1,8%) e per i quali quei 1.000 euro sono esiziali, non si potrebbe pensare a una sanatoria?”.
Ha detto Antonio Misiani, viceministro dell’Economia, che il condono non gli sembra una soluzione giusta perché chi le tasse le paga regolarmente fa la figura del fesso. “Ma qui – conclude Del Debbio – non è questione di fessi o furbi, è questione di chi può pagare e chi no. Si vada a verificare, anche tra quelli che hanno debiti oltre i 500.000 euro (che sono l’1,3 % dei contribuenti stessi), la loro attuale capacità contributiva, perché magari si tratta di imprese che, in questo momento, stanno provando ad andare avanti, a non licenziare, a mettere i loro risparmi nelle aziende per ripartire”.
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