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“A rischio 350mila PMI e 1 milione di posti di lavoro. E il governo? Intervenga subito!”

Pubblicato il 09/12/2020 17:10

Lorenza Morello, presidente nazionale APM (Avvocati per la mediazione), lancia un sonoro allarme al governo: sono a rischio 350mila PMI e 1 milione di posti di lavoro. E loro che fanno? Litigano sul Mes. Scrive Lorenza Morello: “Stando ai dati della CGIA (l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre) dall’inizio della crisi pandemica fino a oggi, le risorse direttamente a sostegno delle imprese italiane ammontano a circa 35 miliardi di euro. Nonostante ciò, questi aiuti sono stati, per la gran parte dei destinatari, del tutto insufficienti. E dopo l’approvazione dell’ultimo Dpcm, la situazione in questo periodo natalizio è destinata a peggiorare ulteriormente”. 

“Da alcune stime – analizza Morello – emerge che i contributi a fondo perduto concessi agli artigiani, ai piccoli commercianti, ai ristoratori e agli esercenti colpiti dal Covid hanno coperto mediamente il 25% circa delle perdite di fatturato subite quest’anno. A seguito delle difficoltà di questi mesi, non è pertanto da escludere che almeno 350mila piccole e micro aziende di questi settori chiuderanno definitivamente la saracinesca entro la fine di questo mese, lasciando senza lavoro almeno un milione di addetti. Per fare un esempio concreto, con le vendite più che dimezzate in Italia, per una perdita di almeno cinque miliardi nel 2020, le pizzerie sono il settore della ristorazione più colpito dall’emergenza Covid, anche per il consumo serale che si scontra con l’obbligo di chiusura in tutto il territorio nazionale alle 18”.

Continua Morello: “A rischio c’è il futuro di 63mila pizzerie, con circa 200mila addetti ma le difficoltà – secondo la Coldiretti – si trasferiscono lungo tutta la filiera considerato che, a pieno regime, nelle pizzerie ogni anno si stima vengano impiegati 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Senza dimenticare il taglio dei consumi di vino e soprattutto di birra, che trovano nelle pizzerie un canale privilegiato di vendita. La chiusura forzata dei locali ha avuto dunque un impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione ma anche sull’intero sistema agroalimentare che ha visto chiudere un importante sbocco di mercato per la fornitura dei prodotti”.

“Pertanto, per sostenere quelle imprese che, invece, continueranno a tenere aperto è necessario un cambio di marcia, ovvero passare dalla logica dei ristori a quella dei rimborsi. Questo è possibile in primo luogo indennizzando fino al 70% i mancati incassi e in secondo luogo abbattendo anche i costi fissi, così come ha stabilito nelle settimane scorse la Commissione Europea. Altrimenti, si rischia una desertificazione dei centri storici e dei quartieri italiani, poiché non potranno più contare sulla presenza di tantissimi negozi di vicinato. Infatti, se da un lato l’Unione Europea ha riconosciuto alle piccole imprese con una perdita di almeno un terzo del fatturato la possibilità di vedersi rimborsare dai rispettivi Paesi di appartenenza fino al 90% dei costi fissi, dall’altro ha introdotto una nuova definizione dello stato di inadempienza delle aziende che a breve creerà molti problemi soprattutto a tantissime Pmi. a causa della nuova definizione in materia di ‘default'”.

Conclude Morello: “Dopo aver abbassato la soglia di sconfinamento per cittadini e imprese, per evitare gli effetti negativi dei crediti deteriorati, Bruxelles ha imposto alle banche l’azzeramento dei crediti a rischio non garantiti in tre anni, e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali. È evidente che l’applicazione di questa misura indurrà moltissimi istituti di credito ad adottare un atteggiamento di estremo rigore nell’erogare i prestiti, per evitare di dover sostenere perdite nel giro di pochi anni. Una soluzione, quella decisa dall’Ue, che sebbene abbia una sua validità in tempi normali, appare del tutto inopportuna in un momento così drammatico come quello che stiamo vivendo e, purtroppo, vivremo per un tempo ancora lungo di cui, ad oggi, non si intravede la fine”.

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