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I soldi della Cassa Integrazione non arriveranno ai lavoratori prima di maggio

Pubblicato il 13/04/2020 11:39

La Cassa Integrazione? I lavoratori non vedranno i soldi prima di maggio, questo perché “le banche non son pronte per anticipare la cassa integrazione”. I consulenti del lavoro, che poi sono quelli che istruiscono le pratiche per i datori di lavoro, lanciano l’allarme: “Gli accrediti in conto corrente non arriveranno ai lavoratori prima di maggio. Altro che metà aprile come auspica il premier”. Lo spiega Il Messaggero. Ma le banche non ci stanno e dall’Abi (associazione bancaria italiana) arriva la replica: “È tutto pronto per l’anticipazione dei trattamenti ordinari di cassa integrazione in deroga previsti dal Cura Italia; quasi il 94% (in termini di totale attivo) delle banche in Italia ha aderito alla convenzione”.

Secondo la Fondazione studi dei Consulenti del lavoro, però, le cose sono un po’ più complicate. Si legge sul Messaggero: “Un sondaggio tra 4.500 associati rivela che gli accordi con le banche non sono ancora operativi (83% degli interpellati) e quindi realisticamente prima di maggio non sarà accreditato un bel niente sui conti dei lavoratori in cig (ne è convinto il 91% degli intervistati)”. Alcune banche richiedono l’esibizione del modello SR41 che viene predisposto solo dopo l’autorizzazione Inps. “Eppure l’accordo ABI-parti sociali è nato proprio per accorciare i tempi” denunciano i consulenti. Tra l’altro a complicare il tutto c’è anche il fatto che molte filiali sono chiuse causa coronavirus.

Nel Sud solo l’11% delle filiali è attiva, a fronte di una media nazionale del 17% (28% al Nord, 12% al Centro). A scontare «incredibili ritardi» non solo i piccoli ma anche i grandi istituti di credito, insistono i consulenti del lavoro che parlano di scarsa chiarezza delle procedure, eccessiva modulistica e scarsa preparazione delle banche a gestire lo strumento (16,5%) , oltre all’indisponibilità del datore di lavoro a firmare l’atto di benestare con assunzione dell’obbligo solidale (15,6%).

Spiega Il Messaggero: “I dipendenti costretti a casa dalle chiusure settoriali causa Covid-19 sono circa 5,6 milioni: per 4,5 milioni sono già state presentate le richieste di cassa integrazione e assegno ordinario. Proprio ieri l’Inps ha reso noto che sono arrivate per la cassa integrazione 198.000 domande da parte delle aziende che coinvolgono 2 milioni e 896.000 beneficiari, mentre per l’assegno ordinario sono arrivate 100.800 domande per 1 milione e 682.000 beneficiari. Secondo i consulenti per oltre la metà della platea interessata dagli ammortizzatori sociali c’è il rischio concreto che il pagamento relativo al sussidio del mese di aprile slitti a maggio”.

Al momento la cigo per l’emergenza Covid si può richiedere per un massimo di 9 settimane su tutto il territorio nazionale e per 13 settimane nelle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia, ovvero le aree più colpite dalla diffusione del contagio. Conclude Il Messaggero: “Dovrebbero esserci meno problemi per quei lavoratori che riceveranno l’indennità di cig in busta paga come anticipazione dal datore di lavoro, che poi procede ad un conguaglio con l’Inps sui contributi dovuti. Anche se, pure in questo caso, molte aziende nonostante abbiano inviato la richiesta di cassa già da molti giorni, non hanno ricevuto l’autorizzazione dall’Inps e quindi potrebbero non riuscire ad anticipare il pagamento”.

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