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L’appello dei movimenti africani: lo sviluppo dell’Africa passa per la sovranità monetaria ed economica del continente

Pubblicato il 18/09/2020 11:49

Rilanciamo volentieri questo appello dei movimenti africani per la sovranità monetaria ed economica del continente: 

“Mentre, finora, l’Africa è stata risparmiata dai peggiori effetti sulla salute pubblica della pandemia COVID-19, la conseguente chiusura economica ha portato a chiara luce le deficienze economiche e le vulnerabilità strutturali dell’Africa. Da continente ricco di risorse, l’Africa ha la capacità di fornire una qualità di vita dignitosa a tutti i suoi abitanti. L’Africa è in grado di offrire servizi pubblici universali, quali ad esempio l’assistenza sanitaria e l’istruzione, e di garantire occupazione per le persone le quali vogliono lavorare, assicurando al contempo un dignitoso sistema di sostegno al reddito per coloro i quali non possono lavorare. Ad ogni modo, decenni di sconvolgimento socio-economico coloniale e post-coloniale esacerbato dalla liberalizzazione del mercato hanno costretto i Paesi africani in un circolo vizioso comportando parecchie deficienze strutturali caratterizzate da: 

  1. Una mancanza di sovranità sul cibo;
  2. Una mancanza di sovranità sull’energia;
  3. Manifatturiero a basso valore aggiunto e industrie estrattive;

Questi fattori producono una dolorosissima pressione al ribasso sui tassi di cambio africani, che implica prezzi più alti per importazioni di necessità vitali quali, ad esempio, cibo, carburante e prodotti medici salva-vita. Al fine di proteggere le persone da questo tipo di inflazione importata, i governi africani prendono in prestito valuta straniera allo scopo di tenere le valute africane artificialmente “forti” rispetto al dollaro USA e all’euro. Questa soluzione temporanea artificiale costringe le economie africane [a perseguire] un irrequieto modo di attività economica focalizzata esclusivamente a guadagnare [dall’estero] dollari o euro per onorare questo debito estero. 

Di conseguenza, le economie africane sono state intrappolate in un modello di austerità, spesso imposto tramite condizioni stabilite dal Fondo monetario internazionale (FMI), così come dalla pressione costante da parte di altri creditori per proteggere i loro interessi economici e politici, che viola ulteriormente la sovranità economica, monetaria e politica dei Paesi africani.

Le condizioni imposte dall’FMI e dai creditori internazionali solitamente si focalizzano su cinque strategie politiche problematiche ed infruttuose: 

  1. crescita orientata alle esportazioni;
  2. liberalizzazione di investimenti diretti esteri (IDE);
  3. sovra-promozione del turismo;
  4. privatizzazioni delle imprese di proprietà pubblica (IPB);
  5. liberalizzazione dei mercati finanziari.

Ciascuna di queste strategie rappresenta una trappola mascherata da soluzione economica. La crescita trainata dalle esportazioni aumenta le importazioni di energia, di beni strumentali ad elevato valore aggiunto e di componenti industriali, ed incoraggia l’accaparramento di terra e risorse naturali, ma aumenta solo le esportazioni di prodotti a basso valore aggiunto. E, ovviamente, non tutti i Paesi in via di sviluppo possono simultaneamente seguire un tale modello [di crescita]. Se alcuni Paesi vogliono ottenere avanzi commerciali, devono essercene altri disposti a registrare disavanzi commerciali. 

La crescita trainata dagli IDE aumenta le importazioni di energia, e costringe i Paesi africani in una corsa al ribasso senza fine allo scopo di attirare gli investitori [esteri] attraverso sgravi fiscali, sussidi e regolamentazioni del lavoro e ambientali più deboli. Essa conduce anche a volatilità finanziaria e significativi trasferimenti di risorse nette verso i Paesi più ricchi, con alcuni che assumono la forma di flussi finanziari illeciti. 

Il turismo aumenta sia le importazioni di energia che di cibo, aggiungendo al contempo sostanziali costi ambientali in termini di impronta ecologica e di consumo di acqua.

La maggior parte delle IPB vennero privatizzate negli anni ‘90 (ad esempio aziende di telecomunicazioni, società elettriche, compagnie aree, aeroporti ecc.). Ulteriori privatizzazioni devasteranno qualsiasi piccola rete di protezione sociale rimane sotto il controllo pubblico.

La liberalizzazione dei mercati finanziari tipicamente richiede di deregolamentare la finanza, abbassare le tasse sui guadagni in conto capitale, rimuovere controlli su[i movimenti] di capitale e aumentare artificialmente i tassi d’interesse e i tassi di cambio: tutto ciò garantisce un ambiente attraente per i maggiori speculatori finanziari nel mondo. Questi ultimi si riverseranno con un’ondata di “soldi caldi”, solo per “comprare a basso prezzo e vendere ad alto prezzo”, per poi fuggire, lasciandosi indietro un’economia depressa.

Infine, tutti gli accordi di libero investimento e scambio hanno l’obiettivo di accelerare e intensificare queste cinque strategie, spingendo le economie africane più a fondo in questo pantano. Questo modello di sviluppo economico fallace aggrava ulteriormente la “fuga di cervelli” dell’Africa, la quale tragicamente, in alcuni casi, assume la forma di barconi della morte e di strade della morte per migranti economici, della salute e climatici.

Queste cinque soluzioni politiche temporanee tendono ad essere attraenti perché forniscono sollievo temporaneo nella forma di creazione di posti di lavoro, e danno l’illusione di modernizzazione ed industrializzazione. Tuttavia, in realtà, questi posti di lavoro sono sempre più precari e sensibili a shock esterni sulla catena dell’offerta globale, sulla domanda globale e sui prezzi globali di materie prime. In altre parole, il destino economico dell’Africa continua ad essere manovrato dall’estero. 

La pandemia da COVID-19 ha messo alla luce le radici dei problemi economici dell’Africa. Dunque, la ripresa post-pandemica non sarà sostenibile a meno che non affronti deficienze strutturali pre-esistenti. A tal fine, data l’imminente crisi climatica e la necessità di adeguamenti socio-ecologici, la politica economica deve essere basata su principi e su proposte alternative.

Facciamo appello a tutti gli Stati africani per sviluppare un piano strategico focalizzato sulla rivendicazione della loro sovranità monetaria ed economica, la quale deve includere la sovranità del cibo, la sovranità dell’energia (rinnovabile) e una politica industriale centrata sul manifatturiero dal contenuto ad alto valore aggiunto. L’Africa deve porre fine al suo approccio allo sviluppo economico di gara verso il basso in nome della competizione e dell’efficienza. 

I partenariati di commercio regionale all’interno del continente devono essere basati su investimenti coordinati finalizzati a creare connessioni industriali orizzontali in aree strategiche quali, ad esempio, la sanità pubblica, il sistema dei trasporti, le telecomunicazioni, la ricerca e sviluppo e l’istruzione.

Facciamo anche appello ai partner commerciali dell’Africa affinché riconoscano il fallimento del modello economico estrattivo e abbraccino un nuovo modello di cooperazione il quale includa il trasferimento di tecnologia, partenariati veri in ricerca e sviluppo, e strutture di insolvenza sovrana – inclusa la cancellazione del debito sovrano [denominato in valuta estera] – che preservino la produzione e l’occupazione.

Gli Stati africani devono sviluppare una visione di lungo termine chiara ed indipendente per costruire resilienza agli shock esterni. La sovranità monetaria ed economica non richiede isolamento, ma un focus sulle priorità economiche, sociali ed ecologiche [del continente], che significa mobilizzare risorse domestiche e regionali per migliorare la qualità della vita del continente. Ciò significa divenire più selettivi quando si tratta di industrie estrattive, industrie orientate all’export e agli IDE. Significa anche dare priorità all’eco-turismo, all’eredità culturale e alle industrie indigene. 

La mobilizzazione delle risorse dell’Africa inizia con un impegno [politico] a [perseguire] politiche per la piena occupazione (quali, ad esempio, un programma di lavoro garantito), infrastrutture sanitarie pubbliche, istruzione pubblica, agricoltura sostenibile, energie rinnovabili, gestione [pubblica] sostenibile delle risorse naturali ed una dedizione intransigente a dare potere ai giovani e alle donne attraverso la democrazia partecipativa, la trasparenza e la responsabilizzazione.

È il momento per l’Africa di andare avanti ed aspirare ad un migliore futuro in cui tutti i suoi cittadini possono prosperare e realizzare il loro pieno potenziale. Questo futuro è nell’ambito delle nostre possibilità, ed inizia con l’Africa che rivendica la sua sovranità monetaria ed economica. 

Primi firmatari:  

Fadhel Kaboub, USA

Ndongo Samba Sylla, Senegal

Kai Koddenbrock, Germania 

Ines Mahmoud, Tunisia

Maha Ben Gadha, Tunisia

La lista completa dei firmatari può essere visualizzata qui.