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“Dopo il vaccino è iniziato l’incubo”. Alessandra racconta il suo calvario e la sua vita devastata a 32 anni

Pubblicato il 31/07/2022 10:48 - Aggiornato il 31/07/2022 12:49


Riceviamo e volentieri condividiamo la testimonianza che racconta la storia di Alessandra Maffi

Da quando è iniziata la cosiddetta pandemia – sono due anni ormai – cerchiamo di comprendere cosa sta succedendo perché la narrazione ufficiale, passati i primissimi momenti di sconcerto, non ci ha mai convinto. Già erano tanti i dubbi sugli elementi che componevano il quadro generale, ma poi ci fu l’avvento del “siero magico” … atteso, agognato e finalmente distribuito al popolo come unica soluzione per vincere il virus Covid 19, sottilmente imposto mediante i soliti mezzi di sempre – la carota e il bastone – e sostenuto diabolicamente da una martellante campagna mediatica costellata di tele virologi improvvisati.

Però scienziati e medici coraggiosi – pochi all’inizio – si levarono per far sentire la loro voce proprio su quell’ultimo elemento, che interveniva sulla scena pandemica: il cosiddetto vaccino. Serviva? non serviva? era sicuro? sufficientemente testato? Mm… pareva proprio di no. Il biologo e virologo Premio Nobel Montagnier, dovette subire derisioni e offese per le sue parole, che invece ci inquietarono terribilmente “Non possiamo sapere cosa succederà dopo le vaccinazioni… non possiamo accettare il rischio per i ragazzi, per i bambini… potremmo avere effetti assolutamente imprevedibili… questi vaccini non proteggono per niente e la cosa sta venendo fuori piano piano… la proteina mRNA, utilizzata, in realtà è tossica ed è una totale incognita… potrebbe avere effetti anche sulle generazioni future”.

Alla sua voce contraria al vaccino, fin dall’inizio della pandemia, se ne sono poi aggiunte altre. Recentissima, di questo giugno, quella del patologo Mariano Bizzarri, intervistato dal quotidiano La Verità. “L’obiettivo è fallito perché i vaccinati – dichiara – s’infettano di più e, man mano aumentano le dosi, il loro sistema immunitario s’indebolisce.” Non solo, il vaccino ha aperto la strada alle varianti – cosa che sosteneva già la dott.ssa Silvana De Mari due anni fa – ma questo sarebbe niente.

Il particolare più inquietante è che aveva ragione Montagnier. Dice ancora il dott. Bizzarri “Questo mRNA resta attivo nel corpo per mesi e continua a produrre la proteina Spike, innestando una specie di guerra continua all’interno dell’organismo, che scatena gli effetti avversi di cui si sente parlare: tumori, malattie autoimmuni, miocarditi, pericarditi fino ad arrivare alle morti improvvise. “Io, come medico, non mi sento tranquillo – conclude – perché ci negano i dati, e persino le fiale del vaccino, e così non possiamo studiare e conoscere la reale incidenza del fenomeno”. Dunque, già troviamo inquietanti queste affermazioni e ci sentiamo scossi e preoccupati, ma la cosa si complica quando ascoltiamo la testimonianza di chi ha vissuto, o peggio sta ancora vivendo, una o più reazioni avverse sulla propria pelle.

Ci sentiamo spiazzati, impotenti, quando ascoltiamo il racconto di chi si trova in quel tunnel di sofferenza, di cui non riesce a vedere l’uscita perché, come diceva il tanto dileggiato professor Montagnier, purtroppo non sappiamo nulla, non conosciamo gli effetti a lungo termine di questi “vaccini”.

 

Riportiamo di seguito la testimonianza di una giovane donna che ha registrato il suo racconto. La sua voce già ci commuove. L’affidiamo a questa pagina. Alessandra Maffi abita nel nord Italia. Ha trentadue anni, una famiglia, un fidanzato, un lavoro stabile e soprattutto ha un’ottima salute, tanto che ogni giorno trova il tempo per la sua grande passione: correre. Appena può va a correre, e la sua giornata prende un altro colore. Avvertire il suo corpo risponderle in modo perfetto le dà gioia. Mens sana in corpore sano. Purtroppo, come tanti della sua età, è indotta/obbligata ad assumere un vaccino contro un virus – covid 19 – che finora non ha mai ucciso nessuno sotto i quarant’anni. La sua vita si ribalta. Ecco il suo racconto:

“Già con la prima dose avevo avvertito molta stanchezza e una quasi febbre, ma è dopo la seconda dose, il 3 agosto 2021, che la situazione precipita. Non solo febbre e male al braccio, ma anche uno strano affanno e dolore al torace. Il 5 agosto vado al pronto soccorso e la diagnosi è di sospetta pericardite acuta. Allora consulto un cardiologo che conferma: verosimile pericardite. Terapia: riposo assoluto, antinfiammatori e colchicina. A un controllo verso fine settembre il problema pare rientrato, mi sento meglio e midicono che posso riprendere a fare sport. Nel mese di ottobre ci provo ma con fatica. A inizio novembre poi si ripresentano i sintomi: febbre, dolore al torace, affanno. Di nuovo in pronto soccorso e là mi comunicano che ho la prima recidiva di pericardite. Decidono di ricoverarmima alla cura classica – antinfiammatori e colchicina – il mio corpo non risponde, il versamento aumenta e allora passano al cortisone che elimina i dolori e abbassa l’infiammazione. Dopo tredici giorni d’ospedale torno a casa, sempre però con la raccomandazione di stare riguardata. A infiammazione spenta dovrei partire con lo scalaggio del cortisone ma ogni volta tornoin recidiva, così mi aumentano ancora la dose. 

Ai primi di dicembre ancora un tentativo di riduzione del farmaco, di nuovo vado in recidiva e di nuovo sono ricoverata in ospedale. Una volta dimessa, la cardiologa che mi segue attualmente mi prescrive uno scalaggio del cortisone molto più blando ma vado lo stesso in recidiva perché ormai sono diventata dipendente. Solo la terapia monoclonale, che lei decide di adottare, in poco tempo riesce a scalare del tutto il cortisone, senza recidive, e a levarmi i sintomi – tachicardia e gonfiori – che lo stesso cortisone mi aveva procurato. 

Ad oggi grazie alla terapia monoclonale sto meglio, ma da qui a dire che sto davvero bene… ne passa! Inoltre, assumo ancora antinfiammatori per evitare che mi torni la febbre; quando li scalo ho ancora dolori al petto… alla schiena.L’immunologo, tramite esami, ha verificato che le mie interleuchine (proteine secrete da cellule del sistema immunitario) risultano alterate; la speranza è che si ristabilizzino. Inutile dire che da inizio novembre a fine gennaio ho dovuto rinunciare al lavoro e a qualsiasi uscita. In tutto quel periodo vedevo solo il mio fidanzato ma ovviamente a casa perché, se avessi preso un virus qualsiasi da altri contatti, la mia pericardite poteva peggiorare. Però poi, nonostante le indicazioni dei medici, ho deciso di riprendere a fare la mia vita, almeno in parte. Ad oggi non riesco ancora bene a correre ed è la cosa che assolutamente mi manca di più”.

 

Nostro commento: da quel maledetto “3 agosto 2021” – seconda dose del vaccino – fino a luglio2022 – registrazione di Alessandra – è trascorso quasi un anno. Lei non è ancora guarita. La sua vita non è più quella di prima. La sua corsa perfetta è solo un ricordo. Perché? C’era davvero un motivo per vaccinarsi? Qualcuno le darà mai una risposta? Testo:@SpadadiVerità; Foto di Lorenzo Zelaschi – www.zelaschiphotography.com