Un’Italia che procede a due velocità, segnata dagli effetti di una crisi che ha drammaticamente accelerato le disuguaglianze già esistenti. E che vede da un lato tanti cittadini messi in ginocchio da un’emergenza che costringe i lavoratori a rimanere con i negozi chiusi, dall’altro i dipendenti della pubblica amministrazione tirare un fortissimo sospiro di sollievo. Grazie all’ultimo rinnovo contrattuale, infatti, gli stipendi in questo settore sono cresciuti a un ritmo quasi doppio rispetto a quello del privato.

Come spiega il Sole 24 Ore, l’aumento medio fra il 2015 e il 2019 è stato dell’1,5% contro il +0,9% fatto registrare dal settore privato, mentre l’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’Ipca nello stesso periodo è dello 0,6 per cento. Le retribuzioni pubbliche, insomma, anche nel recente passato sono cresciute a ritmi pari a 2,5 volte l’inflazione, come dovrebbe accadere con i prossimi rinnovi che stanziano risorse per aumenti del 4,07% contro un Ipca che nel 2019-2021 si attesta all’1,8%.

Numeri che emergono dall’ultimo Rapporto sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici pubblicato dall’Aran. Tabelle che evidenziano come, al contrario di quanto promesso da recenti riforme, i fondi per i rinnovi contrattuali siano stati lasciati alle trattative tra il governo di turno e le varie organizzazioni sindacali. Per il 2016/2018 la spesa complessiva è stata per esempio di 5,4 miliardi di euro, e ha permesso di recuperare il ritmo perso negli anni precedenti, quando era scattato il congelamento dei rinnovi e degli stipendi pubblici.

Il nuovo contratto, relativo al periodo 2019-2021, muoverà invece complessivamente circa 6,7 miliardi di euro e attende ora il definitivo via libera dopo le trattative che andranno in scena nelle prossime settimane. Un tesoretto al quale si affiancheranno 1,3 miliardi per le categorie specifiche, a partire dai medici e dagli infermieri al centro della lotta contro il coronavirus.
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