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Incubo recessione. L’uovo di Pasqua di Draghi, Salvini e Speranza. E anche il Pnrr non basta

Pubblicato il 03/04/2022 12:12

Pil giù per due trimestri. Confindustria taglia le stime: nel 2022 +1,9% e non +4,1%. Il ritorno ai livelli pre-Covid , forse, avverrà nel 2023, a patto che il conflitto si chiuda in fretta. I numeri spaventano e si invocano misure strutturali adeguate. Il rallentamento, comunque, c’era già prima della guerra.
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Il calo del Pil spaventa

«Il calo del Pil? Mi auguro di sbagliare, ma parecchie istituzioni hanno già detto che il 2022 sarà un anno molto difficile». Queste le parole di Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, riportate da La Stampa. I numeri del Centro Studi Confindustria «spaventano», vista la previsione di recessione sia nel primo che nel secondo trimestre, col Pil in calo rispettivamente di 0,3 e 0,5 punti. Alla luce dei dati, sembra che quest’anno non andremo oltre il +1,9% restando di ben 2,2 punti percentuali sotto le stime precedenti. Ciò comporterà anche un’inflazione al 6,1%, ma secondo il professor Gianpaolo Galli si potrebbe arrivare addirittura al 10%. Gli investimenti ed consumi sono in fortissimo rallentamento. Insomma, se tutto andrà bene, il ritorno ai livelli pre-Covid arriverà forse per il 2023.
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L’effetto a catena dell’inflazione

Le cause principali di questa agghiacciante situazione sono l’aumento dei costi dell’energia, alla carenza delle materie prime e, di conseguenza, al rialzo dei prezzi ed al complicarsi delle difficoltà di alcune catene di fornitura globali. L’Europa è di certo l’area più colpita del mondo in tal senso, con un vero e proprio shock economico che tocca principalmente i settori più energivori. Oggi, infatti, il 16% delle imprese italiane dichiara di aver ridotto la produzione, mentre un altro 30% dice che lo farà a breve. Le più esposte sono le industrie alimentari, la meccanica e le costruzioni.
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Anche il Pnrr in discussione

Come se non bastasse, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha lanciato l’allarme anche sulla piena attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Il Governo potrebbe essere costretto, infatti, ad un’extra copertura non prevista fino ad oggi, al netto di costi generali che, date le attuali impennate dei prezzi su scala globale, potranno essere rivisti al rialzo. Il conflitto Russia Ucraina sta causando diverse revisioni delle voci di spesa degli Stati nell’eurozona, Italia inclusa. L’inflazione persistente è sempre il tema più preoccupante.
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Le autorità vogliono comunque il Pnrr

Il ministro Franco non ha utilizzato mezzi termini per descrivere la situazione attuale: forte è l’incertezza, complicato e periglioso è stimare l’impatto del conflitto. Secondo Franco, ridiscutere tutto il Pnrr «non è possibile», perché il rischio è quello di «bloccare tutto e non avere una valida alternativa». Dunque, per il numero uno del Tesoro, per quanto riguarda il Piano «bisogna attuarlo, attuarlo, attuarlo». Anche Mario Nava, direttore generale della Dg Reform della Commissione Europea, in una conversazione con La Stampa ha sottolineato che «la priorità dovrebbe essere quella di continuare il percorso intrapreso, specie in un periodo così delicato come quello odierno». Secondo Nava, «non è il momento di tirare il freno a mano sul Pnrr, e la guerra non può essere una scusa per non fare le riforme. Questo perché l’orizzonte da guardare è quello di lungo periodo»
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Per le opere pubbliche fondi nazionali

Anche il breve periodo, però, non è esente da complicazioni. Secondo Franco c’è un gigantesco problema di prezzi. La situazione attuale sta, infatti, portando ad una revisione dei prezzi delle opere pubbliche. «Abbiamo stanziato dei fondi e questi andranno accresciuti», ha spiegato Franco, facendo notare che si tratta di uno dei punti essenziali. «Dovessero mancare delle risorse – già stanziate -, dovremo trovare risorse nazionali». Insomma, come rimarcato da Franco stesso, l’incertezza sulla durata della guerra gioca un ruolo chiave nella possibile di compiere dei salti in avanti su un capitolo così delicato come la gestione del Pnrr.
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Le responsabilità del Governo sono evidenti: hanno scherzato con il fuoco sulle gestioni dell’emergenza Covid e della guerra. Mentre tutte le altre Nazioni tornavano alla normalità, Draghi e tutta la squadra di governo hanno voluto mantenere salda la presa sui poteri eccezionali, soffiando sulla paura ed insistendo con la burocrazia del Covid, fra quarantene e finte abolizioni del Green pass. Ora raccogliamo i frutti di un Paese spaventato e senza guida.

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