La nuova sensibilità – anche ossessione, potremmo dire – verso la sostenibilità ambientale ha creato una vera e propria ideologia, con i suoi adepti intenti a imbrattare monumenti per farsi notare, o a bloccare il traffico, ma è ammantata da un velo di ipocrisia. Lasciando per una volta da parte le folli direttive green dell’Unione europea, concentriamoci su quello che è definito “greenwashing”: la pratica ingannevole che mira a far credere che un’azienda o un particolare prodotto sia ecologico, e appunto sostenibile, più di quanto non lo sia in realtà. Un sospetto dapprima fortemente radicato trova, ora, conferma in una ricerca di quella stessa Commissione europea che, lo accennavamo, ha trasformato le politiche green e la cosiddetta neutralità climatica, come oggigiorno si usa dire, in un vero e proprio dogma dei nostri tempi: il 53,3% delle affermazioni ambientali riportate sulle confezioni dei prodotti commercializzati nei Paesi membri dell’Unione europea, si evince, è “vago, fuorviante o infondato”. In particolare, addirittura nel 40% dei casi non risultano assolutamente dimostrate, né dimostrabili, le caratteristiche ambientali promesse. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il report sulla sostenibilità
Dunque, si è finalmente giunti ad un accordo tra il Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea in merito alla nuova Direttiva comunitaria, che deve essere ancora adottata ufficialmente, contro tali dichiarazioni ambientali ingannevoli. Essa vieterà alle aziende di utilizzare sulle confezioni dei prodotti indicazioni quali “ecologico”, “naturale”, “biodegradabile”, “eco-friendly”, “climaticamente neutro” o “eco”, qualora tali formule non siano nei fatti comprovate. Non è una cosa di poco conto, se pensiamo che, in accordo con il report sulla sostenibilità 2023 di NielsenIQ (società leader mondiale nel settore della consumer intelligence), l’86% delle famiglie si orienta su beni di largo consumo definiti come “sostenibili” sulla base delle informazioni presenti sulle etichette o sulle stesse confezioni, escamotage che possiamo quantificare, ogni anno, in un giro di affari miliardario (in euro). Per essere più precisi, limitandoci al solo 2023 in corso, questo settore di mercato vale in Italia ben 14 miliardi e mezzo, altresì registrando un incremento del 3,2% sul biennio 2021-2022. Il commissario Ue alla Giustizia, Didier Reynders, ha dichiarato che le nuove regole aiuteranno i consumatori a giocare un ruolo attivo nella transizione green, e che i singoli Stati dovranno prevedere un “Piano attuativo dettagliato”. Le aziende che scelgono di fare una “dichiarazione verde” sui propri prodotti e servizi, dovranno, dunque, rispettare norme minime su come sostanziare tali affermazioni e sul modo in cui le comunicano. (Continua a leggere dopo la foto)
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Ricadute positive sul Made in Italy
Ecco perché, come leggiamo sul sito dell’Ansa, la Società italiana di medicina ambientale (Sima) si è appena espressa molto favorevolmente sulla decisione di Bruxelles: “Le finte indicazioni ambientali hanno però effetti negativi non solo sui consumatori e sul mercato, ma anche sull’ambiente, perché un prodotto fintamente ecologico ha un inevitabile impatto ambientale negativo in termini di emissioni inquinanti”, ha commentato Alessandro Miani, presidente della Sima. La Direttiva Ue avrà anche ricadute positive sul Made in Italy e sulla agricoltura (veramente) biologica, “che in Italia rappresenta il 17,4% della superficie agricola utilizzata, contro il 9,9% della media Ue”, ancora nelle parole di Alessandro Miani.
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