Una delle ultime grandi banche del Sud, la Banca Popolare di Bari che vanta 70 mila soci, è finita al centro di un’inchiesta giudiziaria che al momento non vede ancora indagati né ipotesi di reato, e che però potrebbe evolversi presto nell’accusa di manipolazione del mercato. Al centro delle indagini, la gestione opaca dei conti volta a nascondere il reale stato finanziario dell’istituto, un dissesto che avrebbe dovuto essere segnalato con le comunicazioni al mercato e che invece era rimasto nascosto.
Sono salite a sette, come raccontato dal Sole 24 Ore, le inchieste che il procuratore barese Roberto Rossi sta coordinando assieme agli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziario della Guardia di Finanza. Si parla di finanziamenti milionari concessi senza delle garanzie adeguate, bilanci falsificati, irregolarità nelle comunicazioni e nelle acquisizioni bancarie e illecite cessioni di strumenti finanziari ad alto rischio. Tra i nomi, quelli di Marco Jacobini, storico patron dell’istituto.
Ultimo procedimento in ordine cronologico riguarda la lettera di segnalazione di Consob, un avviso per gli investigatori che scavano nella governance dell’istituto ormai dal 2013. La Commissione ha segnalato la recente “opacità” delle comunicazioni di mercato che, nonostante non abbia portato al momento all’iscrizione di un reato, potrebbe concretizzare la manipolazione del mercato.
La vicenda si intreccia con un altro procedimento, quello che riguarda gli aumenti di capitale fatti tra il 2014 e il 2018 con le acquisizioni di alcuni istituti, tra i quali sportelli di Intesa e Tercas, la Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo. Proprio su quest’ultima operazione gli inquirenti stanno stringendo le verifiche, dopo che negli scorsi giorni i pm hanno notificato l’avviso di proroga delle indagini preliminari in cui gli indagati sono saliti da cinque a dieci.
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