Non c’è ancora pace per i soci delle banche venete, quelli costretti a pagare per colpe non loro il conto, salatissimo, del crack che ha coinvolto Veneto Banca e la Popolare Venezia. Qualcuno si è costituito parte civile: nel troncone del procedimento penale a carico dell’ex presidente Gianni Zonin e dei top manager della Vicenza sono circa 7 milioni. Altri, racconta Roberta Paolini su Repubblica, hanno fatto direttamente causa alla banca al Tribunale di Venezia. Altri ancora hanno citato Bankitalia e Consob per omesso controllo. Qualcuno, infine, ha fatto ricorso all’Acf, arbitro delle controversie finanziarie della stessa Consob, riuscendo a ottenere almeno una parte di quanto gli spetterebbe.
Alcuni soci aspettano ancora il Fir, il Fondo indennizzo risparmiatori, sul quale erano state date garanzie rimaste tuttora tali. Previsto con la Legge di Stabilità del 2018, ha una dotazione di 1,5 miliardi di euro e nasce con lo scopo di rimborsare gli azionisti delle banche finite in liquidazione, tra le quali proprio le due venete, con un sistema che prevede indennizzi del 30% del valore di acquisto, fino a un massimo di 100 mila euro. Un meccanismo che fatica però a decollare, tra difficoltà per i soci nel reperire la documentazione necessaria per fare richiesta e procedure poco intuitive.
Al momento hanno fatto domanda per il Fir poco più di 41 mila persone, meno del 14% dei circa 300 mila soci delle banche finite in liquidazione. I due terzi di questo imponente numero è composto da vecchi azionisti di Veneto Banca e Popolare Vicenza. Ci sono poi alcuni studi legali che seguono percorsi diversi, tentando ad esempio di rivalersi nei confronti delle autorità italiane che avrebbero dovuto controllare i due istituti, ovvero Banca d’Italia e Consob, inspiegabilmente tolleranti secondo alcuni testimoni nei confronti dei comportamenti illegali del managment degli istituti.
Non è facile prevedere se le richieste dei soci saranno mai accolte. Anche perché il rischio è che i tempi si allunghino parecchio, considerando che la causa potrebbe spostarsi da Venezia a Roma, come richiesto dalla Banca d’Italia, con conseguente rallentamento dell’iter. Così come non è facile capire cosa succederà sul fronte processi penali, con il rischio prescrizione sempre in agguato. Il capolinea è teoricamente previsto per giugno 2020. Nella speranza che sia fatta almeno un po’ di giustizia.
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