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“Schiaffo a Mario Draghi!” Crozza, l’incredibile attacco: “Ha venduto l’Italia.” (VIDEO)

Pubblicato il 17/12/2023 17:36 - Aggiornato il 17/12/2023 18:07

Mario Draghi è il “vile affarista” che ha rovinato l’Italia. Prima di essere querelati, precisiamo che la formula virgolettata è dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, mentre l’esiziale ricaduta della stagione delle privatizzazioni non la si può negare: prima del 1992, l’Italia era la quarta potenza mondiale. Perché parliamo del 1992 – anno che segnò una cesura nella storia d’Italia – e che c’entra Mario Draghi? Occorre fare un lungo passo indietro, così come ha fatto Maurizio Crozza, che sarà anche un comico, ma ha inquadrato perfettamente la questione durante il suo show Fratelli di Crozza. Prima, però, ribadiamo che il 1992 fu un anno che rappresentò una svolta cruciale. È ricordato per una serie di motivi, infausti: lo smantellamento per via giudiziaria del Pentapartito, le terribili stragi in cui perirono i giudici Falcone e Borsellino, un doppio choc in neppure due mesi; e poi le primissime privatizzazioni (che andarono avanti sino al 2000) che svendettero i gioielli economici del Paese, la lira sotto attacco per le speculazioni di Soros e il prelievo forzoso dello 0,6% da tutti i conti correnti deciso da Giuliano Amato. Eventi, questi ultimi tre, intimamente connessi. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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La crociera sul Britannia

Occupiamoci, dunque, di quelle primissime privatizzazioni cui abbiamo appena accennato, che in realtà furono una vera e propria vendita dei gioielli dell’industria pubblica italiana, che erano un nostro punto di forza: basti pensare che all’epoca l’Iri era il settimo conglomerato di aziende a livello globale. Il concetto è che se la proprietà statale tendeva a tutelare l’interesse della cittadinanza, a seguito delle privatizzazioni praticamente mai sono coincisi gli interessi della popolazione con quelli dell’imprenditore privato, nonché straniero. Il 2 giugno di quel 1992, dunque, a Civitavecchia era ormeggiato il panfilo Britannia, di norma in uso alla Casa Reale del Regno Unito, “prestato” per una particolare crociera di banchieri ed esponenti dell’alta finanza angloamericana. In quella riunione si decise di acquistare le aziende italiane, ciò che condusse al crollo del vecchio sistema politico: se ne insedierà un altro, completamente manovrato dai nuovi padroni. A quella riunione parteciparono anche diversi italiani, come Mario Draghi, allora Direttore generale del ministero del Tesoro – il quale, come ricorda lo stesso Crozza, agì da organizzatore dell’incontro –, il dirigente dell’Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell’Iri Riccardo Galli. Gli intrighi decisi sul Britannia avrebbero permesso agli anglo-americani di mettere le mani (a prezzi irrisori) sul 48% delle aziende italiane a partecipazione statale o interamente da esso possedute, fra le quali c’erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle, la Perugina e la Galbani; negli anni a seguire toccherà ad Autostrade, Poste Italiane, Trenitalia, Telecom. (Continua a leggere dopo la foto)
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I disastri delle privatizzazioni

Conosciamo tutti l’eccelsa carriera che fece, poi, Mario Draghi, che oggi una certa sinistra sogna come futuro Capo dello Stato. Ritorniamo, ora, nuovamente sul Britannia nel 1992: mentre gli italiani erano “distratti” da Mani Pulite e ancora in preda alla costernazione per le orride e barbare stragi di Palermo, la banda capeggiata da Draghi decideva, di fatto, le sorti del nostro Paese. In rari casi, le privatizzazioni selvagge, che come detto andarono avanti sino al 2000, favorirono imprenditori italiani, ma basti pensare alle Autostrade dei Benetton o alla Telecom all’epoca scalata da Colaninno per capire come la mano privata abbia essenzialmente generato soltanto dei disastri, pagati da noi tutti. (Continua a leggere dopo la foto)

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Anno 1992, l’inizio della fine

In quello stesso giugno del 1992 si insediò il governo di Giuliano Amato che, appena salito al potere, trasformò gli Enti statali in Società per Azioni, valendosi del Decreto-legge numero 386 del 1991, in modo tale che l’élite finanziaria li potesse controllare. E in seguito rilevare. La privatizzazione è stata un saccheggio, che ancora continua. All’epoca si diceva che le privatizzazioni avrebbero migliorato la gestione delle aziende, ma in realtà si sono verificati disastri e fallimenti e il conto salatissimo, lo ribadiamo, è stato pagato dai cittadini italiani. Il nostro Paese è oggi controllato da un gruppo di persone, che impongono, attraverso istituti propagandati come “autorevoli” – Fondo Monetario Internazionale e Banca centrale europea su tutti –, di tagliare la spesa pubblica, di privatizzare quello che ancora rimane e di attuare politiche non convenienti alla popolazione italiana.

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