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Vaccini Covid, Gabanelli: “Ecco tutti gli errori dell’Italia e dell’Europa”

Pubblicato il 08/03/2021 16:40 - Aggiornato il 14/09/2023 09:27

Milena Gabanelli e Simona Ravizza in uno speciale che compare sul Corriere della Sera analizzano tutti gli errori dell’Italia e dell’Europa sulla questione del Vaccino anti-covid. In sintesi gli elementi che vengono sottolineati e a cui si fa riferimento sono i contratti, i poteri e il piano operativo che manca.

Mentre Stati Uniti e Gran Bretagna viaggiano veloci, con rispettivamente il 27 e il 35% della popolazione vaccinata, in Europa il dato corrisponde al 9%. “Nella nostra lentezza c’è più di un motivo, sempre taciuto nelle dichiarazioni ufficiali, e che origina ben prima dell’arrivo delle fiale”, spiega Gabanelli.

Problema numero 1: la campagna di vaccinazione europea è iniziata in ritardo perchè in ritardo è partita l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte delle agenzie regolatorie. Si tratta di ben 20 giorni di differenza tra l’avvio nella eurozona rispetto alle altre. Per quanto riguarda il colosso Pfizer/BioNTech, ad esempio, questo ottiene l’autorizzazione dall’Mhra inglese il 2 dicembre, dall’Fda americana l’11 dicembre, mentre dall’Ema europea solo il 21 dicembre”.

Ma cosa si nasconde dietro il ritardo dell’Ema? L’ennesimo buco dell’assetto europeo. Mentre Fda e Gran Bretagna hanno potuto esercitare lo strumento di approvazione con una procedura più veloce, l’Europa non può farlo perchè l’EMA non è autorizzata a seguire procedure di emergenza. “In Europa l’emergency use authorisation è delle agenzie del farmaco dei singoli Stati, ma non è mai stata contemplata nella legislazione europea per volontà dei Paesi membri di limitare il ruolo di Ema, che ha così dovuto seguire un iter più lungo”, viene spiegato nell’articolo.

Problema 2: mentre Stati Uniti e Gran Bretagna sottoscrivono gli accordi con Pfizer e AstraZeneca fra maggio e luglio, l’Europa arriva dai tre ai quattro mesi dopo. Anche con Moderna la differenza nelle tempistiche è notevole: gli Usa siglano l’11 agosto, la Ue il 25 novembre.

Anche qui, la causa del problema è da rintracciare nel fatto che “l’Europa non possiede un apparato esperto e nemmeno un’autorità specifica per le trattative”: gli Stati membri non hanno mai voluto concedere questo potere. “Negoziare un prodotto farmaceutico è un’operazione complessa, soprattutto per chi non gode di competenze del settore”. Mentre dall’altra parte c’erano “schiere di avvocati e case farmaceutiche che non hanno fatto altro nella vita” e conoscevano tutti i trucchi del mestiere, noi eravamo rappresentati da persone, come Sandra Gallina, spostata in corsa da direttrice generale di Commercio a Dg Salute. A rappresentare l’Italia, invece,  Giuseppe Ruocco, segretario generale del Ministero della Salute. Anche se “la scelta migliore sarebbe stata quella di delegare il direttore dell’ufficio che prepara i dossier negoziali dell’Agenzia Italiana del Farmaco, che conosce tutti i trucchi del mestiere”.

Con il risultato che le case farmaceutiche hanno dettato la linea, imponendo le loro condizioni e l’Europa si è inchinata. Tra le clausole del contratto viene prevista la partecipazione al rischio d’impresa con “2,8 miliardi”. Non viene prevista invece alcuna penale in caso di ritardi di consegna e in caso di effetti collaterali viene stabilito che questi siano “totalmente a carico dei singoli Stati”.

Nel contratto vengono “concordate 2,6 miliardi di dosi, da distribuire ad ogni Paese in proporzione alla popolazione”. Ma le distribuzioni delle forniture ritardano e procedono a singhiozzi: A ieri Pfizer/BioNTech ha consegnato 4,5 milioni di dosi su 9 (50%), Moderna 493 mila su 1,3 milioni (38%) e AstraZeneca 1,5 milioni su 5,4 (28%).

Nel primo trimestre abbiamo ricevuto complessivamente “6,3 milioni di vaccini“, ciò vuol dire che nel mese di marzo complessivamente ne avremo “9,4 milioni”. Da aprile sono in programma consegne per altri “24 milioni da Pfizer/BioNTech, 4,6 da Moderna, 10 da AstraZeneca e 7,3 del nuovo vaccino monodose Johnson & Johnson”. E questo significa che bisogna essere pronti per gestire la distribuzione vaccinale sul territorio nazionale. Ma, per velocizzare la somministrazione serve personale e con Arcuri e i 508 milioni di euro a disposizione per assumere  ” 3 mila medici e 12 mila infermieri” non si è arrivati “neppure alla metà del personale previsto”.

Ad aprile inizierà la campagna di massa con l’obiettivo di vaccinare “almeno 500mila persone al giorno. Sarà possibile? Forse sì, ma deve essere velocemente attuato un piano operativo che finora non è mai stato fatto”, conclude la Gabanelli.