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Vaccini agli under, l’Europa si spacca: frena l’Inghilterra, l’Italia vuole accelerare

Pubblicato il 19/08/2021 09:21

Il tema della vaccinazione ai giovani e giovanissimi spacca in due l’Europa, divisa sulla strategia da adottare. Con la Francia che ha deciso di accelerare per la fascia compresa tra 12 e 17 anni, la Spagna che ha fissato settembre come data di inizio delle somministrazioni e il Regno Unito che, di contro, ha tirato il freno. In Germania, nel frattempo, oltre un milione di minori ha ricevuto la prima dose, con la Commisione Stiko, organo autonomo specializzato sui vaccinim, che ne ha però sconsigliato la somministrazione generalizzata, segnalando l’opportunità solo in caso di patologie.

Vaccini agli under, l'Europa si spacca: frena l'Inghilterra, l'Italia vuole accelerare

Secondo la commissione tedesca, infatti, i dati sulle controindicazioni non sarebbero ancora sufficienti e un’eventuale accelerazione potrebbe portare a un rapporto rischi-benefici non giustificabile. Le attenzioni, secondo la Stiko, dovrebbero concentrarsi piuttosto sulla fascia di popolazione a rischio che ancora non ha ricevuto la somministrazione, piuttosto che sui giovani. L’Italia, invece, certi interrogativi sembra non volerseli più nemmeno porre.

Franco Locatelli, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico che affianca il governo, è subito tornato alla carica, sostenendo che “da pediatra io il vaccino lo consiglio. È stato approvato dall’Ema nella fascia 12-18 anni e questo di per sé è già una straordinaria garanzia. Il vaccino ha mostrato un profilo di sicurezza assoluto. Casi di miocardia? Il nesso di causalità è tutto da confermare. Quindi sgomberiamo il campo da tutta una serie di notizie nel migliore dei casi imperfette. Il vaccino approvato è assolutamente sicuro”. Ignorando così allarmi e preoccupazioni che arrivano, invece, da ogni parte del mondo.

Proprio sull’onda dei tanti, troppi timori che circondano ancora la sperimentazione agli under, la Gran Bretagna ha scelto una via più prudente: immunizzare soltanto quei giovani che, per condizioni di salute, sono considerati a rischio. Una decisione in linea con quella già presa da altri Paesi come Olanda, Belgio e Irlanda, senza forzare la mano, in attesa di maggiori certezze. Quelle che l’Italia, invece, sembra non voler aspettare.

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