Davvero noi ci faremo una campagna elettorale così? Sospesi tra le dichiarazioni di Vannacci e le signorine del Liguria Gate portate a Montecarlo, gli incontri sullo yacht, le mascherine che ci riportano al Covid? Secondo me sì e questo ce la dice lunga su quanto sia (poco) importante l’Europa e il suo parco giochi detto anche Parlamento europeo. Metto in fila alcune riflessioni. C’è una Europa “vera” che sta sopra la democrazia e sopra le teste di tutti, è l’Europa del liberismo più affarista, mercatista, delle liberalizzazioni e di giganteschi business, è l’Europa dei paradisi fiscali che si moltiplicano all’interno dell’eurozona mettendo tutti i governi in competizione tra loro per non perdere i capitali.
È l’Europa senza leader né leadership come dimostrano i profili degli ultimi tre presidenti di commissione europea: la recente Von Der Leyen, tristemente impegnata a raccattare voti dopo aver gestito malamente i dossier più delicati tra cui i vaccini, la crisi ucraina con relativa questione energetica, il congelamento del patto di stabilità con annessa riforma peggiorativa; il predecessore Jean Claude Juncker, colui che ha garantito l’espandersi dell’elusione fiscale in Lussemburgo e poi nell’eurozona; e prima ancora Josè Manuel Barroso, il quale dopo dieci anni di europresidenza è stato assunto come presidente non esecutivo e advisor della banca d’affari Goldman Sachs. La stessa di Mario Draghi, cioè il prossimo leader di una Europa sempre più oggetto misterioso.
Avremmo potuto parlare di Europa, domandarci a che punto siamo. Addirittura avremmo potuto porci la domanda delle domande: ma a che serve questa Europa? Che cos’è? Ma appunto, meno se ne parla meglio è; l’incantesimo deve durare.
Dunque passeremo questi mesi incagliati tra le dichiarazioni di Vannacci e una inchiesta che sta al diritto come io sto alla letteratura. Siamo incagliati sempre lì su una riforma della giustizia che a chiacchiere abbiamo scritto e riscritto mille volte e che quando si è tradotta in qualche testo normativo non ha cambiato un bel niente. Siamo nel giradischi delle usuali dichiarazioni dove prevale la prudenza, il garantismo e tutte quelle cose lì che non hanno alcun senso quando il processo è già in corso per quanto non sia nemmeno cominciato; ci sono già i colpevoli, anzi i condannati che appunto debbono dimettersi. Altro che presunzione di innocenza, questo è il solito sputtanamento. Non soltanto dei singoli, ma della politica, che non conta un tubo (per proprie colpe perché non ha saputo capire cosa stava accadendo) e conterà sempre di meno. I lettori di Repubblica sanno tutto delle serate a Montecarlo e delle chiacchierate che si sono fatti sullo yacht (“perché è l’informazione”, no?), così da costruire il depravato, il puttaniere e gli altri personaggi della commedia; però non hanno diritto di sapere del sistema fiscale degli Agnelli. Per esempio.