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«Un Green Pass per entrare in città», i residenti dovranno “denunciare” amici e parenti. Scoppia la polemica

Pubblicato il 31/08/2022 17:21 - Aggiornato il 31/08/2022 17:23

Dal 16 gennaio i veneziani dovranno dichiarare amici e parenti che vengono a trovarli per una festa, una cena, una vacanza. L’avevamo anticipato su queste pagine, a seguito del caso dei ventimila turisti “fantasma” che durante le vacanze pasquali hanno soggiornato “clandestinamente” a Venezia. Questa constatazione arrivava da un raffronto tra l’aggancio dei cellulari alle celle dei ripetitori ed i pernottamenti registrati. Ora si è passati addirittura al livello successivo.
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Scoppia il caso privacy a Venezia. La proposta di delibera è stata licenziata dalla presidente Barbara Casarin e andrà in consiglio comunale nella prima seduta utile. L’impatto sui veneziani sarà di assoluto rilievo: i residenti si dovranno abituare ai controlli casuali degli esattori e dovranno accreditare amici e familiari, scaricando loro il Qr Code. Un controllo degli accessi in puro stile Green Pass, ma senza motivi sanitari.
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La questione ha subito infiammato le polemiche, sia tra i cittadini che tra gli addetti ai lavori. «Non risiedo a Venezia ma immagino non mi piacerebbe»; «Vorrei sapere cosa ne pensano i veneziani»; «Inammissibile, nessun altro nel pianeta è obbligato a fare una cosa del genere»; «Una vera e propria discriminazione»; e ancora «In verità questo sistema è in vigore in alcuni paesi: la Russia di Putin, la Corea del Nord, forse la Cina. La differenza è che se qui non vuoi far sapere chi viene da te, paghi il contributo d’accesso: una tassa sulla privacy, praticamente. È necessario il parere del Garante su questo regolamento che prevede la schedatura di massa». Queste sono alcune delle dichiarazioni arrivate ai giornali locali da più parti.
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Il futuro delle città d’arte sembra essere orientato verso le sole prenotazioni. Ecco che allora si delinea uno scenario caratterizzato dal “controllo totale” del tanto decantato modello cinese. Un conto salatissimo in termini di privacy e libertà di circolazione, che gli italiani non dovrebbero più essere disposti a pagare.

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